Mazzei, la moglie del capomafia |La zia Rosa e il ruolo di "comando" - Live Sicilia

Mazzei, la moglie del capomafia |La zia Rosa e il ruolo di “comando”

Ecco cosa scrivono i giudici nella sentenza Ippocampo.

CATANIA – “Si faceva conoscere come “a mugghieri ro caccagnusu” (la moglie del carcagnusu, ndr). Quando c’era un problema, una discussione, andavamo tutti da lei praticamente”. Così il pentito Golfredo Di Maggio descrive Rosa Morace, la moglie di Santo Mazzei. Le sue parole sono inserite nelle motivazioni della sentenza del processo Ippocampo, conclusasi per la donna con una condanna in primo grado a nove anni di reclusione. L’ex spacciatore di San Cristoforo ha parlato della “zia Rosa” per la prima volta nel corso del dibattimento. Ma questo non ha inficiato l’utilizzabilità come fonte di prova da parte del Tribunale.

Di Maggio pare conoscere bene la moglie dell’uomo d’onore al 41 bis ormai da diversi anni.Posso dire che lei era un po’ riservata dopo l’operazione che l’hanno arrestata”, racconta il pusher. Ma comunque la “signora” del Traforo (via Belfiore, ndr), avrebbe avuto un ruolo di “comando” nel gruppo mafioso. Di Maggio parla di un preciso episodio per far capire il peso di Rosa Morace all’interno della cosca che porta il nome del marito. Quando un commerciante si rifiuta di continuare a pagare il “pizzo”, la signora Morace “ci ha detto di fargli un’intimidazione, di farlo spaventare”. Il suo potere sarebbe stato “equiparato” a quello del figlio Nuccio Mazzei e di Lucio Stella, cugino del primo.  “Quando c’era un problema praticamente o andavamo da Nuccio o da Lucio o ‘nda zia Rosa”, spiega Di Maggio.

L’ex “carcagnusu” Nicola Tucci racconta che alla moglie di Mazzei senior consegnava i soldi delle estorsioni. Il pentito precisa che Rosa Morace conosceva benissimo la provenienza del denaro che serviva anche per “gli stipendi per gli affiliati”. La percezione di “forza” di Rosa Morace era sentita in tutto il quartiere e anche dagli esponenti degli altri clan. Gaetano D’Aquino, ex vertice della cosca Cappello, racconta che “quando passavano loro (la Morace e la sorella di Nuccio, ndr) subito dopo arrivavano le moto con diciamo persone appartenenti al clan Mazzei nei periodi in cui c’erano discussioni interne aperte…”. Una dimostrazione di forza, tipica dei boss del quartiere.

Non ci sono solo le dichiarazioni dei pentiti, ma anche le intercettazioni che – secondo i giudici del Tribunale di Catania – mostrano l’inserimento della Morace nelle dinamiche mafiose della “famiglia”. Una lettura incrociata di alcune conversazioni (in particolare i giudici citano quelle del 21 luglio 2011 e del 29 luglio 2011) mettono in luce alcuni conflitti interni alla famiglia Mazzei, nel dettaglio tra la madre Rosa Morace e il figlio Nuccio. È Gaetano Pellegrino, ‘u funciutu, a parlare nelle discussioni captate da Dia e Carabinieri. Dalle intercettazioni emerge  “il ruolo non secondario della donna che, da un canto – scrivono i giudici –  ha contribuito a mantenere compatta la famiglia, d’altro canto, proprio per effetto dei contrasti insorti nella famiglia, la donna avrebbe creato un gruppo autonomo”. Gaetano Pellegrino è chiaro: “Lei ha il suo gruppo e quelli hanno il loro gruppo”.  Solo ipotesi e timori. Ma anche se Rosa Morace non avesse mai creato un suo gruppo, il solo sospetto dimostra inequivocabilmente – per il tribunale –  “la sua militanza nel sodalizio”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI