CATANIA – Maggio rovente a Catania. E non certo per le alte temperature. Il clima incandescente è quello che si respira all’interno di Cosa nostra. Aggressioni, sparatorie e summit si susseguono in due giorni infuocati che sono seguiti in diretta dal Ros nell’ambito dell’inchiesta Chaos. I Santapaola e i Mazzei vivono un momento di forte fibrillazione. Saltano gli equilibri quando non sono rispettati i codici mafiosi. Lo scontro è tra Alfio Davide Coco, responsabile del gruppo della Stazione e uomo di fiducia del nuovo boss Tomaselli, e Mario Pappalardo, legato a Santo Di Benedetto dei “Carcagnusi”.
“E’ servito l’intervento del boss Antonio Tomaselli per risolvere la delicata questione”, scrive la Gip Giuliana Sammartino che ripercorre i fatti attraverso le intercettazioni del Ros. Il conflitto sarebbe scoppiato per una mancata consegna di denaro che Coco doveva a Di Benedetto. E’ il 12 maggio 2017 quando “Patatina” Pappalardo, su ordine di Santo, insieme ad altri picciotti organizzano il pestaggio contro Coco. Lo aggrediscono davanti la sua gastronomia in pieno centro a Catania, a pochi passi dalla Stazione. Il santapoaliano non tarda a rispondere. La stessa sera Pappalardo e Arena sono il bersaglio di diversi colpi di pistola. In quei concitati minuti c’è un scambio di sms tra i sodali in cui è protagonista Rosario Lombardo: il boss arrestato nel blitz Carthago 2 che avrebbe ospitato a casa sua, nonostante gli arresti domiciliari e condanne pesantissime, le riunioni organizzative della cupola santapoaliana per lo spaccio. Saro U Rossu scrive al capo di Galermo, Luca Marino: “E’ successa una cosa molto delicata, non venire da solo minino tre motorini ok”. Ma appena Marino sa che Coco risponde in maniera autonoma all’offesa si lamenta. “Ma con noi in giro hanno colpito… ammenu ca navvisunu…ce macellu…vita chi è stato offeso ha fatto da se. Che devo capire noi in giro e iddi sparunu u capisti ora”. Insomma Coco spara senza avvisare.
Tomaselli non resta a guardare e incontra Coco. Nel giro di poche ore è organizzato un incontro davanti l’abitazione di Carmelo Distefano a San Giovanni Galermo. Le telecamere e le cimici del Ros registrano tutto. Il giorno dopo sempre nello stesso luogo si svolge un summit anche con Orazio Coppola, considerato in quel momento uno dei vertici del clan Mazzei. In una prima fase si discute delle due correnti dei Carcagnusi, una vicina a Di Benedetto e l’altra vicina ai Nicotra di Misterbianco, i Tuppi, storici alleati dei Santapaola. A parlare in modo diretto è Carmelo Distefano, che si rivolge a Coppola: “Allora, Orazio, tu non ci sei stato, ti sei perso qualche passaggio… a noialtri ci serve ora urgentemente che tu ci faccia, ora ti spiego perchè, l’appuntamento con Angelo, Mario se può venire e casomai non può venire, piglia e chiami Alfio…deve venire Alfio, Angelo e tu… Angelo Scirocco.. e Melo. Sennò lo facciamo a Lineri da te… noialtri veniamo.. e viene Antonio… Antonio vuole un appuntamento con Angelo”. Distefano spiega quanto era accaduto, il pestaggio e poi gli spari. “Perchè avete fatto una fangata, cinque persone siete andate ad alzargli le mani ad un responsabile della parte nostra?”. Coppola è chiaro: Di Benedetto anche se è dei Carcagnusi è stato ripudiato dagli stessi compagni ma promette di intercedere. “Con voi altri è una cosa che non può andare… una cosa per cui intervenire”. Dopo uno scambio di battute Marino avverte che se Di Benedetto avesse aggredito uno di loro o dei loro alleati avrebbe avuto contro l’intera famiglia. “Se si vuole acchiappare con noi altri- registrano le cimici – qua non c’è né Saro, né Luca, né Melo, né Orazio, né niente… qua c’è che se anche tocchi un bambino, l’allanzamu tutti pari pari pari.. lui non deve uscire più ‘mbare, lui non può minacciare a noialtri…”. Coppola, ad un certo punto, pare però volersi sottrarre all’appuntamento: “Ci scanniamo come i cani”.
Tomaselli precisa che se nessuno dei Mazzei si presenta alla riunione loro si sarebbero sentiti liberi di agire contro di Di Benedetto. Distefano ricorda il caso dell’omicidio di Angelo Santapaola che “aveva pagato per i suoi errori”, scrive la Gip nell’ordinanza. “Quando noialtri abbiamo avuto Angelo e ‘mbare, Angelo ha pagato per tutti gli sbagli che ha fatto!”, registrano le cimici. E Tomaselli gli fa eco: “Lui infatti prendeva le decisioni lui solo, non si considerava nessuno completamente… e là è stata la stessa cosa.. tutti quanti si sono seduti… E si chiamava SANTAPAOLA… si chiamava SANTAPAOLA, non si chiamava con un altro cognome… questo, per farti capire… perché quando muore un SANTAPAOLA… viri ca fa sgrusciu … e questi sono gli esempi che abbiamo dato per gli sbagli che ha fatto”. Questo è l’avvertimento. Poi i santapaoliani sottolineano la fortuna dei Mazzei sul fatto che non fossero liberi boss come Daniele Nizza, Benedetto Cocimano e Orazio Magri. I tre padrini non avrebbero mai consentito un tale atteggiamento. “Se c’era Daniele era morto u pannitteri, lo infornava nella camera a gas”.
I Santapaola e i Carcagnusi convocano un incontro risolutore per capire se Di Benedetto, colpevole di un oltraggioso “affronto contro un santapaoliano”, avesse l’appoggio del suo clan. “C’era un manicomio là… ci hanno fatto fermare cu si spacchi di pistole…” L’obiettivo è quello di evitare spargimenti di sangue: “Questa situazione si deve fermare… noialtri non ci siamo permessi mai a fare queste cose fra noialtri… ci sediamo e la discutiamo civilmente… fino a quando non ci sono morti e cose… e questo dobbiamo evitare… ora noi abbiamo un problema con questo… dobbiamo risolvere questo problema che è anche in casa vostra…”