CATANIA – L’estate è nel suo pieno svolgimento: migliaia di bagnanti affollano quotidianamente le spiagge e le scogliere di tutt’Italia e Catania non fa certo eccezione. Eccezion fatta per qualche stoico amante dell’afa e della cottura a fuoco lento, tutti o quasi, ci tuffiamo in mare alla ricerca di un po’ di refrigerio dalla calura e dall’afa. Ma bisogna stare attenti, non solo per la presenza di natanti (fortunatamente pochi) che solcano le acque a pochi metri da riva, ma perché l’estate 2017 si è aperta con una grande proliferazione di meduse nel Mediterraneo.
Lo dicono i biologi marini dei maggiori enti di ricerca e università i quali ci mettono in guardia dal potenziale pericolo che questi gelatinosi abitanti del mare costituiscono per la nostra voglia di spensieratezza. Secondo un recente studio nazionale, condotto dai ricercatori dell’Università del Salento, effettuato in collaborazione con l’associazione ambientalista Marevivo, in soli 6 anni, dal 2009 al 2015, gli avvistamenti di meduse che ciascun bagnate ha effettuato nel corso dell’intera stagione estiva sono aumentati di 10 volte, passando dai 900 avvistamenti medi per bagnante nell’estate 2009 agli oltre 3000 avvistamenti medi per bagnate effettuati nel corso dell’estate 2015.
Il picco di avvistamenti medi per stagione effettuati dai bagnati lo si è, fin’ora, registrato nell’anno 2013, anche se lo studio non è ancora terminato e i dati sono suscettibili di ulteriori aggiustamenti. Di queste statistiche fanno anche parte le nostre coste, che si confermano come quelle che hanno le acque con le temperature medie più elevate, superate solo dalle spiagge della costa sud della Sicilia, e con una alta concentrazione di meduse sia sotto costa che in mare aperto. E c’è da star certi che i due fenomeni, acque calde e meduse, sono strettamente correlati tra loro.
Tra le meduse presenti lungo le nostre coste, quelle più comuni sono Pelagia nocticula, di un bel colore viola e con tentacoli lunghi anche un paio di metri, Rhizostoma pulmo, detta anche polmone di mare, in genere abbastanza grande e di un bel colore bianco opaco con il cappello bordato di viola, e la Cothilorhiza tubercolata, che se vista dall’alto ha più l’aspetto di un uovo fritto che di una medusa per via del suo colore giallo che al centro del cappello si fa più intenso.
Tra questa, la più urticante è Pelagia nocticula, che è anche la più piccola delle tre, ma le sue punture non creano danni gravi e nemmeno la morte come qualche buon tempone racconta. Tra le finalità del progetto “Occhio alla medusa” vi è anche quella di fornire dei validi consigli su come intervenire nel caso di fosse “punti” da una medusa.
Il primo intervento da fare è lavare subito e ripetutamente con acqua di mare l’area interessata e asportate con delicatezza i residui di tentacolo. Non bisogna grattarsi o strofinare sabbia come qualche sedicente “esperto” consiglia. Per avere un po’ di sollievo, bisognerà applicare sulla parte colpita qualcosa di caldo ad esempio acqua calda (non bollente!) o, se ci si trova su una costa rocciosa, andrà bene anche un sasso riscaldato dal sole.
Questo primo rimedio, infatti, servirà a degradare la proteina che gli “cnidoblasti”, le celluline urticanti delle meduse, ci avranno iniettato in corpo abbattendo gran parte della propria capacità urticante. Subito dopo, converrà rivolgersi al punto di pronto soccorso del lido, alla guardia medica o ai pronto soccorso dove troveremo certamente rimedi meno empirici e più efficaci. I presidi medici di primo intervento registrano ogni intervento e contribuiscono, così, alla implementazione della statistica di ciò che affligge la salute umana durante il periodo estivo in maniera accurata.
Ci corre d’obbligo di rivolgere una accorata raccomandazione verso tutti coloro che avvistano meduse ed è quella di non catturare questi animali buttandoli a morire sotto il sole tra gli scogli o sepolti vivi nella sabbia. Sono esseri viventi anche loro e la loro presenza è fondamentale per la vita stessa del mare perché effettuano una intensa attività di selezione naturale degli organismi meno idonei