Quando Dusmet sottrasse| la Festa di Sant'Agata al Municipio - Live Sicilia

Quando Dusmet sottrasse| la Festa di Sant’Agata al Municipio

Forse non tutti sanno che un tempo era il sindaco a invitare l'arcivescovo alla festa.

Scontro tra poteri
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CATANIA – Beato Giuseppe Benedetto Dusmet. Il Cardinale. Un nome che pesa e che è stato tirato in ballo di recente nella disputa riguardante la presunta esclusiva delle postazioni per le telecamere in Cattedrale. Un uomo simbolo per tutta la città di Catania, la cui memoria pesa come un macigno sia sui successori che sui governanti della patria agatina. E ovviamente c’è chi intende oggi trascinarlo per la talare. O meglio per il saio, visto che Dusmet agli abiti cardinalizi ha sempre preferito l’abito benedettino.

Un dettaglio che la dice lunga su quanto possa essere per lo meno fuori luogo metterlo in mezzo a un partita che lui non avrebbe decisamente giocato, e non per opportunità ma per manifesta “superiorità spirituale”. Non si può dire altro del palermitano più amato della storia etnea. Questo perché, in fondo, il suo cuore non si riconosceva pienamente né in Palermo, né tanto meno in Catania. Era la regola di san Benedetto la sua vera patria, e Cristo il suo pastore. Così la pensava, così agiva. E per questo era rispettato da tutti.

Ecco chi era Dusmet. Uno che ragionava oltre. Uomo di grande carità, così come la tradizione popolare lo ha accolto, ma anche dal polso fermo. E non poteva che essere una figura di grande statura a guidare la Chiesa catanese in quella lunghissima crisi postunitaria, dove la Nazione tutta era divisa tra cattolici e massoni, clericali e liberali. Uno scontro che si è abbattuto con tutta la sua forza polemica anche su sant’Agata e la Festa. Forse non tutti lo sanno, ma fino al 1875 la festa era un fatto Municipale e non ecclesiale, dove era il sindaco a invitare l’arcivescovo e il clero, non viceversa. Pare un incrocio strano, ma così era. Sì perché Agata è sempre stata per i catanesi un’eroina sia civile che della fede: il simbolo della libertà della patria: una dignità riscattata dal martirio.

Quelli erano gli anni della sinistra al governo della città. Sul versante liberale c’è chi voleva la netta separazione tra cose sacre ed espressioni secolari. Ma la Festa era un fatto troppo vasto per non celebrarla, troppo popolare, con tanto di abusi tali e quali a quelli di oggi. Anche allora c’era in atto il tentativo da parte del Clero di rendere sempre più evidenti gli aspetti cristiani delle celebrazioni interne ed esterne alla Cattedrale. La fondazione del Circolo, che raccoglieva le migliori espressioni del laicato cattolico, facendo da contraltare alle logge cittadine, va in questa direzione.

Tra le polemiche, il 27 gennaio 1876, Dusmet gioca d’anticipo e pubblica a sua firma il programma dei festeggiamenti. Il sindaco non è più il padrone di casa, ma un invitato. Non è un atto formale, ma rivoluzionario e gravido di conseguenze. L’arcivescovo vuole celebrazioni sobrie e solenni e le ottiene. Vuole che i devoti diano una risposta dignitosa alle critiche liberali che derubricano la festa a “baccanale” e a tripudio pagano.  Dusmet mobilita il clero tutto, e non solo il capitolo della Cattedrale. Le cose vanno per il meglio, esclusa la pioggia del cinque che fa slittare la processione al 6. Intanto il Municipio reagisce tagliando i finanziamenti pubblici a tutte le feste religiose della Città escluse quelle agatine di febbraio, e disertando le celebrazioni. Una decisione che fa esultare i liberali, che vedono nelle processioni un sfoggio antimoderno e sovversivo per l’ordinamento politico del Regno.

Le processioni di agosto sono dunque prive del supporto municipale. Dusmet non si lascia intimidire e lancia un’ampia sottoscrizione cittadina. In gioco c’è il diritto della Chiesa alla propria autonomia. Il Circolo Sant’Agata scende in campo. Di rimando, la Gazzetta del circolo dei cittadini, organo di stampa vicino alle logge, critica l’impasse del Municipio che non riesce a sospendere le processioni. In quel frangente c’è chi vuole che le forze di pubblica sicurezza blocchino la questua. La tensione è altissima, e non solo a Catania. Ma da Palazzo degli Elefanti, nonostante l’orientamento liberale della Giunta, nessuno se la sente di andar contro i sentimenti popolari. Le celebrazioni si terranno, ma “sotto clausura”, cioè con le processioni dentro la Cattedrale. Per Dusmet è comunque una vittoria, anche se parziale. Perché l’iniziativa della sottoscrizione, benché valga come un segnale politico chiaro, è insufficiente a soddisfare tutte le evenienze e i creditori.

La verità è che Curia e Municipio devono procedere congiuntamente, soprattutto sul versante economico. Lo si vedrà anche ai giorni nostri. La crisi del 1876 deve arrivare quindi a una soluzione condivisa. E così avviene, grazie anche al cambio di colore in Giunta determinato dall’avvento dei cattolici al governo della città.  Nel 1877 il programma della festa torna nelle mani di Palazzo degli Elefanti. Il clima però è più sereno tra la due istituzioni cittadine e i rappresentanti del potere politico tornano alle celebrazioni agatine in Cattedrale. Ma gli strascichi di quella crisi resisteranno nel tempo, e la prova di forza di Dusmet, seppur simbolica, metterà le basi affinché l’opera di cristianizzazione della festa, e la lotta agli abusi, sia nell’agenda della Chiesa catanese dei secoli XX e XXI.


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