CATANIA – Non più la variante al Centro storico, ma adeguamento alla legge regionale recentemente approvata. Cambiano i programmi dell’amministrazione comunale riguardo agli interventi urbanistici da realizzare, in attesa del Piano regolatore generale che verrà: stando a quanto riferisce l’assessore all’Urbanistica, Salvo Di Salvo, infatti, quanto pensato dalla Giunta Bianco, e più volte annunciato, per la riqualificazione dell’area settecentesca e ottocentesca della città, non potrà più essere portato avanti, dal momento che l’Ars ha approvato la legge sui centri storici che supera la variante studiata da Palazzo degli Elefanti.
“Noi, ai sensi della circolare 3 del 2000 dell’assessorato Territorio e ambiente, avevamo definito una variante del centro storico, relativa alla zona settecentesca e ottocentesca – spiega Di Salvo. Negli stessi tempi in cui noi definivamo la variante, l’Assemblea regionale ha adottato la legge che ci ha, di fatto, impedito, di presentare il lavoro effettuato di fronte il Consiglio comunale perché la legge adottata supera la circolare sulla quale ci siamo basati”.
Nulla di fatto , dunque, per la variante relativa a gran parte del centro città che, come conferma il delegato del primo cittadino, dovrà essere adeguata alle nuove norme regionali. “Da fine luglio a oggi – prosegue – abbiamo traslato tutto il lavoro fatto adattandolo ai principi che la legge regionale prevede. Un lavoro che è stato molto utile ma che adesso va assemblato. Siamo in fase di elaborazione piuttosto avanzata – assicura Di Salvo che evidenzia come la norma verrà applicata a tutti i quartieri parte del centro storico che l’amministrazione immagina riqualificati.
A cominciare da San Berillo. I crolli recenti verificatisi in uno dei rioni più antichi della città, hanno infatti svelato la fragilità del tessuto urbanistico storico di Catania. La demolizione di villette liberty e interi isolati, con autorizzazioni talvolta datate, in ogni caso senza l’ombrello di una pianificazione urbanistica, senza il conforto di un piano regolatore moderno, che tenga conto delle peculiarità della città, della sua storia e delle potenzialità future, hanno evidenziato sempre di più la necessità di intervenire a livello istituzionale per non perdere, in nome di un sostegno all’edilizia che puzza sempre un po’ di speculazione, pezzi di identità.
“La legge va applicata anche a quei quartieri per il cui sviluppo urbanistico avevamo pensato a un piano particolareggiato. Questo oggi la legge non lo permette più – continua – pertanto applicheremo la legge sui centri storici anche in queste zone”. Oltre San Berillo, la Civita, ad esempio, o il Lumacari, rioni che sono in zona A del piano regolatore Piccinato. Del quale non fa parte la zona in cui si trova la via Ursino, balzata recentemente alla cronaca dopo la demolizione di un intero isolato, letta dagli attivisti di Catania bene Comune come una possibile speculazione.
“C’è sempre qualcuno che, puntualmente, strumentalizza ogni azione che si fa in città, dicendo spesso falsità – tuona Di Salvo. Questo è uno dei casi. In via Ursino c’è una concessione edilizia del 2008, rilasciata da parte dell’Ufficio attuazione e concessione, a seguito del rilascio del nulla osta della sovrintendenza ai Beni culturali e degli altri organi competenti, a un immobile unifamiliare in via Ursino 29-49. Una concessione legittima, dato che la via ricade in zona B e che le norme di attuazione del Piano Piccinato prevedono opere di demolizione e ricostruzione. Non c’è sfregio alla città, assolutamente – garantisce. La stessa concessione è stata rinnovata nel 2011 e poi nel 2014 la ditta ha presentato una fideiussione, richiedendo un aggiornamento della concessione. Non riesco a capire dove stia lo scandalo – prosegue: spesso veniamo tacciati come uffici di essere troppo rigidi nel rilasciare le concessioni. Si parla sempre della crisi del comparto edilizio, che non si fanno interventi di riqualificazione, si guarda con interesse interventi di architettura che si fanno nelle altre città d’Italia, e poi si grida allo scandalo per la ricostruzione di un’unità immobiliare, tra l’altro dotata di tutti i permessi. Se fosse stato un bene monumentale o di edilizia qualificata, non sarebbe stato di certo demolito”.