CATANIA – E’ una delle città più ricche di arte e di testimonianze storiche d’Italia. Non tutti lo sanno, talvolta nemmeno chi c’è nato, eppure Catania possiede una quantità di monumenti, siti, reperti, edifici, insomma una quantità di testimonianze storiche e artistiche da fare invidia a molti. Ma, ed è un ma davvero grosso e ingombrante, tutto il ben di Dio che possiede spesso è tenuto rigorosamente sotto chiave. Chiuso al pubblico, gestito da privati, visitabile su prenotazione o su richiesta, gran parte del patrimonio culturale non è immediatamente disponibile. Non lo è per i catanesi, che possono sempre organizzarsi però, e non lo è a maggior ragione per i visitatori e turisti che, in pochi giorni, molto spesso poche ore, potrebbero essere talmente sfortunati da non vedere nulla o quasi.
Una situazione che, sebbene non dipenda direttamente dall’amministrazione comunale, dal sindaco Bianco o dall’assessore alla Cultura, Orazio Licandro, è proprio da loro che, a nostro modesto avviso, dovrebbe essere affrontata. E risolta, dove possibile.
La gestione dei siti e dei Beni culturali è infatti divisa tra Comune, Regione e Curia:
ognuno con le proprie difficoltà logistiche, organizzative e di personale. Spetta dunque al governo della città fare in modo che i vari soggetti coinvolti non solo dialoghino, ma rendano la cultura fruibile, ad autoctoni e forestieri. Soprattutto per questi ultimi, cui la città, nonostante gli sforzi messi in campo da tanti, non sembra riuscire a restituire di sé un immagine di città turistica. Non sono parole in libertà: basta navigare sul sito internet del Comune di Catania per comprendere quanto la cultura e tutto ciò che gravita intorno a questa, sia poco accessibile.
Le informazioni relative al patrimonio della città e all’offerta turistica sono difficili da reperire, sono incomplete e riportano anche qualche errore. Uno per tutti? La via dedicata al marchese Di Sangiuliano, risulta dedicata a San Giuliano, nel tour di un’ora presente sul sito istituzionale. Dove, oltre tutto, non sono elencati numerosi beni archeologici come il pozzo di Gammazita, il Bastione degli Infetti, Torre del Vescovo o la collina della Purità.
Una fortuna, forse, che questi beni non siano segnalati. Per il semplice motivo che
sono chiusi, off limits, sbarrati. E come questi, moltissimi altri siti monumentali non sono fruibili da turisti e cittadini. O perché privati, o perché privi di personale, a decine sono chiusi a chiave. Pratica, questa, che non aiuta la reputazione di Catania a livello turistico.
In centro storico sono una quantità enorme i luoghi poco accessibili, quando non chiusi del tutto: da Palazzo Biscari, gioiello barocco, visitabile solo su prenotazione (il palazzo è privato e abitato), alle terme dell’Indirizzo – visitabili su richiesta – a quelle Achilleane, gestite dalla Curia e a lungo chiuse e ora sono inserite nel circuito della Catania card, al pozzo di Gammazita, chiuso inesorabilmente e comunque escluso dal filo di Arianna del centro storico. Poco più lontano, stessa sorte su prenotazione tocca all’Ipogeo romano, di cui molti neanche conoscono l’esistenza, se non per la toponomastica.
Scavi archeologici si guardano dall’alto o dall’esterno in piazza Dante, dove si trovanole Terme romane e l’acropoli, in via Sant’Euplio, dove si trova un monumento funerario romano, o in piazza Stesicoro dove si trova la porzione riportata alla luce dell’anfiteatro romano, tra i più grandi della storia. Questo è sì aperto, ma segue orari
come dire, poco turistici: dal lunedì al sabato, 9,00-13,30 e 14,30-17,00. Chiude presto e non apre nei festivi. Tutt’altra cosa rispetto, ad esempio, al Colosseo, sempre aperto fino alle 19 e con orari limitati solo alle giornate di venerdì Santo e del 2 giugno.
Spostandoci in periferia, troviamo altri siti chiusi a doppia mandata: come ad esempio lo storico lavatoio di Cibali. Un pezzo significativo della storia della città, della sua organizzazione, dove fino a poco tempo si poteva respirare un’aria antica o immedesimarsi nelle lavanderine. E che da anni è chiuso. Nonostante la richiesta della terza e della sesta municipalità..
Insomma, l’elenco è lungo e diventa infinito se si aggiungono i siti privati – ad
esempio la Cappella Bonajuto, uno dei pochi resti della Catania pre eruzione e pre terremoto, in verità accessibile su prenotazione – o importanti luoghi turistici e altamente identitari come il Teatro Bellini, i cui orari di apertura sono davvero risicati. Dalle 9.30 alle 12.