CATANIA- “Excursus giuridico dalla Fini Giovanardi al decreto Lorenzin e profili di esecuzione”. Questo il tema dell’incontro di studi per la formazione professionale organizzato dalla Camera Penale e dall’Associazione Nazionale Magistrati che segna uno spartiacque importante: una sinergia tra avvocati e magistrati finalizzata a individuare problematiche legate al funzionamento della macchina giudiziaria. Si tratta di un punto del programma dell’avvocato Enzo Trantino, Presidente della Camera Penale etnea, che oggi prende forma. A prescindere dalla naturale ”differenza di vedute su certi temi”, spiega l’avvocato catanese, “il confronto è molto importante laddove si persegue lo stesso obiettivo cioè l’efficienza della macchina giudiziaria”. Le criticità, che hanno dirette ricadute sul lavoro di avvocati e magistrati, non sono poche: dalla “limitazione degli orari di Cancelleria” alle “aule giudiziarie”. Pasquale Pacifico, segretario dell’ Anm di Catania, è dello stesso avviso. “Ritengo sia fondamentale che avvocati e magistrati discutano insieme di problematiche che ci coinvolgono quotidianamente nella nostra attività”. Il seminario, moderato da Trantino e Pacifico, ha visto come relatori l’avvocato Marco Tringale e Marisa Scavo, Procuratore Aggiunto della Repubblica.
La dottoressa Scavo, intervenendo sul tema, ha ricordato l’evento che ha influenzato la decisione del governo di mettere mano alla legge Fini Giovanardi sulle droghe: il problema del sovraffollamento delle carceri. “A seguito della sentenza della Corte europea, che ha condannato pesantemente il nostro paese per il trattamento disumano che c’è all’interno delle carceri, il nostro governo sta intraprendendo una serie di iniziative per raggiungere questo obiettivo”. “Tra le modifiche normative introdotte – prosegue Scavo- c’è quella che riguarda la legge sugli stupefacenti con riferimento all’ipotesi del piccolo spaccio”. Si tratta del quinto comma dell’articolo settantatré della legge sugli stupefacenti. Nello specifico il piccolo spaccio va considerata “come figura autonoma di reato con una pena edittale che va fino a quattro anni e non consente, quindi, la misura di custodia in carcere (cinque anni)”. Questa misura “riduce l’afflusso in carcere dei piccoli spacciatori”.
La Procura etnea era stata in un certo senso pioniera di misure finalizzate allo stesso scopo delle modifiche normative in esame. “Il procuratore Salvi aveva dato già delle direttive per i reati di spaccio su strada, facendo direttamente le direttissime, che normalmente provengono dall’indagato in stato di arresti domiciliari”, spiega Scavo. “Abbiamo privilegiato il regime degli arresti domiciliari, sin dal momento dell’arresto, così facendo i numeri degli arrestati per piccolo spaccio che entrano in carcere si sono notevolmente ridotti”