CATANIA – Il suo nome è Vittoria, perché spiega: “Vittoria è un nome che sprigiona grandezza, virtù, vincita”. Si definisce estrosa, ribelle ed anticonformista, studentessa al dipartimento di Lettere e Filosofia di Catania, sogna di fare l’attrice. Ma quella che all’apparenza sembra una bella ragazza spensierata, dal sorriso luminoso alla Julia Roberts è in realtà una ragazza fragile alla quale spesso la vita non sorride.
Un passato, il suo, non di certo semplice, Vittoria infatti nasce ventitreanni fa uomo. Una condizione che negli anni le ha procurato non pochi disagi. “Tengo a precisare che la mia vità è stata sempre una, da quando ero piccina ho sentito di appartenere al genere femminile – spiega a LiveSicilia Catania – poi la conferma in età adolescenziale quando ho cominciato a provare attrazione nei confronti di ragazzi”.
Come ha reagito la tua famiglia?
“Dopo la brutta botta, loro stessi sono stati in grado di accettare da soli la mia vera natura. Anche se probabilmente ne sono sempre stati al corrente, soltanto che forse per paura dei giudizi della società hanno cercato di far finta di nulla. Ma ogni genitore conosce bene la sessualità dei figli e se li ama veramente deve accoglierli senza maschere o commedie d’arte”.
Catania è una città piuttosto tradizionalista ragione per la quale non è così semplice uscire allo scoperto. “Sappiamo benissimo che qui le tradizioni sono ancorate con il cemento armato – commenta la giovane – Sono stata parecchie volte vittima di discriminazioni e critiche pesanti, spesso quando passeggio la gente mi insulta sotto voce”. Una sofferenza, quella di Vittoria, che trapela ad ogni suo racconto, ma lei sottolinea “sono serena, non utilizzo l’aggettivo felice soltanto perché credo che la felicità duri pochi istanti”.
Quali sono le offese che maggiormente ti senti rivolgere?
“Di ogni genere, spesso insulti gratuiti, quasi mai detti in faccia. Succede soprattutto con le comitive”.
Vuoi rispondere a queste persone?
“Sì, vorrei dire che sono persone che non si rendono conto del male che fanno”.
Ti va di raccontare un episodio che ti ha particolarmente ferito?
“Certo, risale proprio a poche domeniche fa. Dopo pranzo, passeggiavo con un’amica per viale Vittorio Veneto. Improvvisamente due poliziotti ci hanno fermato e mi hanno chiesto un documento d’identità, quando hanno visto il mio nome maschile mi hanno ricordato che in Italia non esistono leggi per i travestiti”. Un racconto non di certo semplice, “mi sono sentita umiliata – spiega – una condizione che provo ogni volta che riporto episodi così infelici”.
Cosa ti senti di dire a chi non racconta di aver subito un abuso?
“Che bisogna denunciare e segnalare questi avvenimenti come ho fatto io all’UNAR ufficio antidiscriminazione razziale di Roma.”
Dove immagini il tuo futuro?
“Il mio sogno è laurearmi e diventare un’attrice e come tutti i siciliani sarò costretta ad emigrare. Mi dispiacerà lasciare la mia terra che considero la più bella al mondo, ma non ho scelta”.