MASCALI – Si aprirà il 12 novembre dinanzi alla Corte di Appello di Catania il processo che vede imputato per omicidio volontario il 69enne mascalese Giuseppe Caruso, accusato di aver ucciso con quattro colpi di pistola Roberto Grasso, 26 anni, introdottosi la notte del 25 aprile scorso all’interno del fondo agricolo dell’uomo. Il Gip Loredana Pezzino ha accolto la richiesta del Pubblico ministero Alessandro La Rosa, disponendo il giudizio immediato. Sono trascorsi quasi cinque mesi da quella terribile notte e i familiari di Roberto non si danno ancora pace per quella morte assurda. La sorella Maria si dice ancora ferita soprattutto per come è stato descritto Roberto, dopo il suo decesso. “E’ stato dipinto come un animale da persone che non conoscevano i fatti – spiega Maria Grasso con la voce rotta dall’emozione – Invece era un ragazzo…”.
Ma per l’emozione non riesce a concludere la frase e scoppia in lacrime. E’ ancora troppo vivo il ricordo di Roberto, un giovane pieno di vita. “E’ stato detto di tutto – ribadisce la donna – lo hanno descritto come un animale. Invece era un ragazzo come tutti gli altri. E’ vero, ha sbagliato ma a tutti può succedere. Invece molte persone hanno giudicato senza conoscere i fatti”. Fa male anche scoprire che quelli che si ritenevano amici non si sono dimostrati tali. “Abbiamo ricevuto solidarietà dai veri amici – dice ancora Maria Grasso – anche da estranei che ci sono stati veramente vicini. Altre persone che giudicavamo amiche invece si sono allontanate perché ci hanno giudicato male, senza capire il nostro dolore. Soprattutto quello di mio padre, che ha perso un figlio”.
Roberto Grasso era l’ultimo di quattro figli. L’unico a vivere ancora con l’anziano padre, rimasto vedovo dopo l’improvviso decesso della moglie. Era stato quel ragazzo ad accudire la madre negli ultimi mesi di vita. “Lo faceva giorno e notte – ricorda ancora la sorella – alternandosi con mio padre. Mia madre è stata male per circa quattro mesi e mio fratello è stato tutto il tempo con lei”. Per un beffardo scherzo del destino, la madre è deceduta un anno prima di Roberto, ad una distanza di una settimana l’uno dall’altro. “In un anno – prosegue Maria Grasso – abbiamo perso una madre ed una moglie, ed un fratello ed un figlio. Roberto amava i suoi quattro nipoti. Di mia figlia poi era innamorato perché era quella con la quale passava più tempo. E poi amava andare a funghi, era un ragazzo semplice e di cuore”.
Maria Grasso non chiede vendetta: “Vogliamo solo giustizia per un ragazzo di 26 anni. Solo questo. Non si può parlare di legittima difesa – continua la sorella della vittima – perché mio fratello non aveva nulla, nemmeno le unghie per difendersi. E’ vero aveva avuto qualche piccolo problema con la giustizia, ma non meritava sicuramente di essere ucciso”. Fa male anche non aver ricevuto le scuse di chi ha tolto la vita ad un ragazzo, né dai suoi familiari. “Nessuno si è fatto vedere né sentire – dice ancora Maria Grasso – Non abbiamo avuto nessun contatto con Caruso e i suoi familiari, nessun mi dispiace, niente di niente. Ci ha ferito anche questo, perché il loro caro ce l’hanno a casa, noi invece al cimitero. Non è stato ucciso un animale. Roberto, vista l’età, poteva essere suo figlio – conclude la donna – e Giuseppe Caruso non ha mostrato alcuna pietà”.
Il legale della famiglia Grasso, Lucia Spicuzza, parla di elementi importanti che supporterebbero la tesi dell’omicidio volontario. In primis la relazione medico legale del consulente della Procura Carlo Rossitto. “Roberto Grasso è stato attinto da quattro colpi di arma da fuoco – spiega l’avvocato Spicuzza – Tre lo hanno raggiunto nella parte superiore del corpo e non nelle parti basse. Poteva essere gambizzato, poteva essere in qualche modo fermato. E soprattutto un colpo lo ha raggiunto alle spalle. Tutto questo dimostra che non ci può essere una qualche scriminante. Difficile pensare – conclude il legale – che si possa essere trattato di legittima difesa”.