Le spese compiute finora sono legittime, sacrosante, trasparenti. Nulla da nascondere. E a maggior ragione, nulla di cui vergognarsi. Gli esponenti dei gruppi parlamentari all’Ars, spesso per bocca dei propri capigruppo entrano direttamente nella polemica sui costi dei partiti in parlamento. E aprono a “tagli e riduzioni. Ma si comprenda, che il problema vero non è questo”. Tutto ciò, mentre il presidente dell’Ars Francesco Cascio in un’intervista rilasciata a Radio Time annuncia, a legislatura già conclusa, la convocazione di una seduta d’Aula proprio sul tema delle spese del Palazzo: “Per il due ottobre – dice Cascio – ho convocato una seduta in Assemblea Regionale al fine di tagliare ulteriormente i costi della politica in un momento di particolare difficoltà economica. Non è accettabile continuare – ha aggiunto – a gravare sulle spalle dei siciliani con tutta una serie di costi che potrebbero tranquillamente essere abbattuti”. Una considerazione giunta, come detto, dopo il “triplice fischio finale” di una legislatura “chiusa”, a detta dello stesso presidente Cascio, ma che riserverà questa cosa a sorpresa, a 25 giorni dalle elezioni.
Una decisione accolta con soddisfazione da uno dei coordinatori del Pdl, Dore Misuraca: “Bene ha fatto il Presidente dell’Ars, Cascio, a convocare per il 2 ottobre il Consiglio di Presidenza per approvare riduzioni ai contributi dei gruppi parlamentari. Perché oggi – aggiunge Misuraca – servono gesti concreti. O meglio, esempi concreti. Penso ad una operazione trasparenza sui bilanci dei gruppi parlamentari all’Ars attraverso la pubblicazione sui maggiori quotidiani siciliani e su quelli online”
Ma a Cascio sembra indirizzare una “frecciatina”, Gianfranco Micciché: “C’è chi si limita solo alle provocazioni o agli annunci – ha commentato il leader di Grande Sud – e c’è, invece, chi ha dimostrato di essere in grado di fare. Da presidente della Regione siciliana farò esattamente quello che ho fatto quando ho ricoperto l’incarico di presidente dell’Ars: rendicontare tutti i fondi a disposizione del presidente, fino all’ultimo centesimo”.
Insomma, una cosa è certa: adesso tutti sembrano d’accordo sulla necessità di ridurre i costi, gli sprechi. Di rendere più trasparenti, accessibili le modalità di finanziamento dei gruppi parlamentari. “I tagli ai costi della politica e l’austerità – ha detto ad esempio il capogruppo del Cantiere popolare Rudy Maira – sono stati i canoni di gestione del gruppo parlamentare del Pid–Cantiere Popolare sin dalla sua costituzione e cioè da due anni a questa parte. Siamo d’accordo nel rendere più trasparenti e accessibili i costi della gestione di tutti i gruppi parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana. Credo che ad una riunione del Consiglio di Presidenza, voluta dal presidente Francesco Cascio, – ha aggiunto, in qualche modo anticipando l’annuncio del presidente dell’Ars – potrebbe associarsi anche una seduta d’Aula, proprio sul tema dei tagli, che di per sé avrebbe valore assoluto in termini di pubblicità dei lavori e conoscenza delle decisioni assunte da parte dell’opinione pubblica”.
“Non so cosa abbiano fatto gli altri gruppi, – ha puntualizzato il capogruppo dell’Mpa-Partito dei Siciliani, Nicola D’Agostino – ma credo che, come noi, si siano limitati ad utilizzare al meglio i fondi stanziati dall’Assemblea, per corrispondere stipendi a dipendenti dell’Ars assegnati ai gruppi e svolgere al meglio le attività parlamentari che sono di varia natura: di ricerca ed approfondimento attraverso consulenti, di comunicazione attraverso addetti stampa e azioni convegnistiche e pubblicitarie, di semplice funzionamento attraverso le spese ritenute utili. Grave sarebbe scoprire che il denaro per i gruppi – ha aggiunto D’Agostino – viene utilizzato per attività non pertinenti, sapendo che le attività dei gruppi sono strettamente correlate a quelle del partito. Se oggi si decidesse di cambiare registro e ridurre i fondi dei gruppi non ci sarebbe nulla da obiettare, così come nulla da obiettare ci sarebbe sui criteri di rendicontazione se dovessero mutare. Alcune spese possono anche non essere condivise da parte dell’opinione pubblica, ma esse sono, credo nella gran parte dei casi, legittime e devono essere rispondenti agli obiettivi per i quali vengono stanziati i fondi”. Ma D’Agostino rifiuta l’idea che le spese dei gruppi possano essere considerate il “problema dei problemi”: “Si cominci – ha spiegato – a ridurre il numero dei parlamentari nazionali, poi il numero dei consiglieri regionali (anche del nostro Parlamento siciliano), si metta mano al sistema delle Province prendendo una decisione una volta per tutte, ridando semmai ruolo e dignità ai Comuni. Ovviamente si chiudano tutte quelle società pubbliche (il cosiddetto sottogoverno) improduttive e spesso vergognose, si riducano gli stipendi elevati di tanti dirigenti pubblici e si esiga che chi lavora per lo Stato produca e sia anche facilmente licenziabile se risulta essere improduttivo. Si blocchi il meccanismo – ha proseguito – del finanziamento pubblico dei partiti, che fra tutte le altre rappresenta la più grande delle vergogne. Certo, sia subito la classe politica a fare il primo passo, rinunciando a qualcosa e dando l’esempio; ma non dimentichiamoci dei veri problemi e dei veri grandi sprechi”.
Non sono andate giù al Pd, invece, le polemiche riguardanti le spese di ristorazione del gruppo dei democratici all’Ars. Un caffè un po’ salato, quello del Pd, che, bilancio alla mano, è costato (insieme ovviamente ai pasti e alle bevande) poco meno di ventimila euro in un anno. “Purtroppo – hanno commentato in una nota congiunta il segretario regionale Giuseppe Lupo e il capogruppo Antonello Cracolici – si vuole fare polemiche ad ogni costo, anche quando non vi è alcun motivo. Da giorni, – hanno puntualizzato – ai giornalisti che lo hanno chiesto, abbiamo inviato il bilancio del gruppo Pd all’Ars e siamo pronti a sostenere l’introduzione di regole certe e chiare per tutti, per garantire la massima trasparenza. Detto ciò, purtroppo, ci troviamo di fronte ad una nuova pretestuosa polemica sui 19.846 euro destinati dal gruppo PD in un anno per le spese di pasti, caffè e bibite. Si fa notare – hanno concluso Lupo e Cracolici – che la cifra equivale a circa 1.600 euro al mese, utilizzati principalmente per i pranzi dei 25 dipendenti del gruppo: sorprende che si possa montare un caso anche se si rimborsa ai dipendenti il panino e il caffè”.