L’uomo più felice che si conosca a Palermo non si chiama Enrico. Ma noi lo chiameremo lo stesso così. Enrico ha avuto la meningite da ragazzino. La sua mente è rimasta congelata nel quattordicesimo anno di età. Ecco perché Enrico è felice. Il corpo racconta i passi che si fanno più gravi, dopo cinquant’anni.
Ma il sorriso è bambino. L’anima non esiste di per sé, è un riflesso delle pupille di dentro. Enrico si specchia in se stesso per guardarsi eternamente adolescente. Si innamora. Tifa Palermo. E che ci siano pure la tristezza e la morte, tra le siepi del suo cammino, lui non lo sa.
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