Non sono poi molto dissimili gli stati d’animo di Palermo e Catania alla vigilia di una delle più assurde giornate della storia del calcio italiano. Sul punto è bene essere chiari: va bene che, formalmente, la giornata di lutto nazionale prevista per oggi ricade pienamente nel calendario di serie B che è stato logicamente stoppato. Ma la contemporanea autorizzazione a procedere per la serie A somiglia a un appiglio formale per scavalcare un lutto che sarebbe stato dovuto.
Simili gli stati d’animo di Palermo e Catania, dunque, perché rosanero e rossazzurri sono ormai lontani dagli affanni di questo campionato. Il Catania – checché ne dica l’ultraprudente Zenga – è salvo e anche se dovesse perdere in casa del derelitto Torino, avrebbe ampiamente modo di riprendersi e racimolare il gruzzoletto necessario per raggiungere comodamente la quota prefissata. Ma non crediamo che il Catania perderà a Torino. I granata visti al “Barbera”, fatta salva la generosità, sono apparsi fisicamente e psicologicamente allo sbando. Camolese è un ottimo tecnico, ma realizzare un miracolo con siffatte condizioni di partenza lo porrebbe in odore di santità. Zenga dovrà essere il gatto mammone di sempre: aspettare le lance della disperazione altrui e colpire in contropiede, senza pietà. Il suo Catania sparagnino, che molto si è giovato della concretezza del suo allenatore, è abituato al cinismo come pratica di vita. All’Olimpico di Torino può passare.
Il Palermo affronta l’Inter, sotto le luci di San Siro, nella bambagia di una classifica tranquilla. L’Uefa è possibile. La Champions è il sogno proibito. I rosanero, da qui alla fine, potranno interpretare il ruolo della squadra corsara e guastafeste che gioca per togliersi qualche sfizio importante e per far dimenticare gli ultimi riflessi osceni di un derby sciagurato. Mentre Zamparini progetta il magnifico futuro, Ballardini è, come sempre, quello con la testa più incollata alle spalle. Davide che si appresta a giocarsi le sue carte contro il Golia interista ha dato prova di dignitoso equilibrio almeno in due occasioni. Quando ha agitato la bandiera della Champions raggiungibile davanti agli occhi di un drappello che altrimenti rischierebbe di infiacchirsi e di precipitare in in limbo acerbo. Quando ha spiegato che, se fosse stato per lui, il pallone del sabato sarebbe rimasto a casa, costretto dal lutto. Poche parole asciutte e centrate, come è nello stile del personaggio. Zamparini se lo tenga stretto e la smetta con la solfa stonata del “devo insegnargli a crescere”. Ballardini è già cresciuto. E non ci pare bisognoso di aiutini. Si può fare il colpaccio a casa Ibra? In effetti è da tanto che Davide non (ab)batte Golia. Il notiziario dice che Bresciano è in ballottaggio per il recupero del suo posto retto da Migliaccio. Sulla sponda rossazzurra, Potenza potrebbe essere della partita (rp).
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