Ai dibattiti infuocati, pure in piena estate, in piena pandemia sebbene in forma meno acuta e in piena crisi economica, noi italiani non sappiamo proprio rinunciarci. Magari è un pregio, magari no. Stiamo a litigare sui 60.000 volontari richiesti dai Comuni per avere aiuto sul territorio, evocando, evidentemente il senso dell’humor in certuni è rimasto intatto, le squadracce fasciste, le SA o le SS.
Se poi la deriva autoritaria viene denunciata da Giorgia Meloni che della materia un po’ se ne intende per radici politiche ed esperienza storica l’humor si può trasformare in un’aperta risata. In verità, il solo rischio, che manco esiste perché i volontari farebbero altro, che qualcuno gentilmente ci faccia notare che ce ne stiamo strafottendo delle regole ci manda in bestia. Ma tant’è.
Il tema, invece, è un altro. Chi non vorrebbe tornare a una vita assolutamente normale? Liberi di circolare, di abbracciare amici e parenti, di frequentare negozi, ristoranti e pub senza il metro in testa, una mascherina in faccia e il terrore nell’anima? Lo vorrebbero giovani e meno giovani. Del resto, non è vero che i ragazzi detengano l’esclusiva del bisogno di libertà e il diritto alla spensieratezza. Ognuno a modo suo e compatibilmente con l’età sogna di muoversi dove e come gli pare. Però tutti, giovani e meno giovani, abbiamo il dovere della responsabilità. Responsabilità che sembra latitare.
Parliamoci chiaro, sappiamo ancora molto poco del Covid-19. Ogni giorno leggiamo di posizioni diverse tra gli scienziati, qualcuno di questi anche in vena di ricerca di visibilità con tesi particolarmente originali o suggestive. Ci sono gli ottimisti, ci sono i terroristi. In Sicilia c’è stato soltanto un giorno con contagi 0, tra ieri e oggi siamo a 6, salvo aggiornamenti, a parte, purtroppo, il grave caso della donna incinta ricoverata all’ospedale “Cervello” di Palermo. Certo, si tratta di numeri bassissimi, ciò conforta ma non rassicura. Vuol dire, realtà triste che parecchi vogliono disconoscere, che il virus cammina, non è scomparso.
Non è stato sconfitto, per il semplice motivo che non è stata trovata l’arma risolutiva in fase di prevenzione e di cura. Adesso, ci si preoccupa del dopo 3 giugno, data in cui si potrà circolare tra le regioni italiane e viaggiare. Ci si preoccupa di seguire l’andamento della curva dei contagi, soprattutto al termine dei canonici 14 giorni a partire dal 3 giugno. Timori forti provocano anche gli eccessi da “movida”, eccessi totalmente fuori controllo al nord, al centro e al sud. In effetti, guardando foto e video dal mondo dei locali affollati di giovani incollati tra loro e, aggiungiamo, di spiagge ormai prese d’assalto, ci si chiede come sia possibile non capire che un conto è il progressivo ritorno alla normalità, con i necessari presidi di sicurezza, un conto è comportarsi come se il coronavirus fosse scomparso per un intervento divino o sia stato definitivamente debellato dalla scienza. Follia!
Alla fine, di fronte al valore della vita e della salute cosa costerebbe una movida “sicura”, ordinata, contingentata e limitare al contempo spiaggia e mare per il tempo necessario a capire se i contagi si confermeranno al minimo, senza picchi e nuovi focolai?