PALERMO – Libero. Santi Pullarà torna libero. Killer di mafia ed ergastolano, lascia il carcere dove ha trascorso 27 dei suoi 53 anni.
Secondo il Tribunale di Sorveglianza di Firenze, “è fondato ritenere raggiunto il sicuro ravvedimento”.
Pullarà, il suo è un cognome storico del mandamento mafioso palermitano di Santa Maria di Gesù, si è lasciato alle spalle il passato. Non è un pentito, e mai lo sarà, ma non è neppure un mafioso. Ora studia il latino, ama la bellezza, scrive romanzi, si impegna nel sociale. Il carcere, almeno nel suo vaso e secondo i magistrati toscani, ha svolto in pieno il suo ruolo educativo.
Due anni fa gli era stata riconosciuta la “non esigibilità” della sua collaborazione. Anche se si pentisse nulla potrebbe aggiungere alla ricostruzione delle vicende per cui è stato condannato al carcere a vita.
Altri collaboratori, fra cui i fratelli Giovanni ed Enzo Salvatore Brusca, Salvatore Cancemi, Gioacchino La Barbera e tanti altri, hanno già raccontato tutto quello che c’era da sapere sul ruolo mafioso di Santi Pullarà, colpevole di diversi omicidi fra cui quello di Salvatore Savoca, condannato a morte dal Tribunale di Cosa Nostra perché rapinava i Tir senza autorizzazione.
Dopo Salvatore Savoca, altri killer uccisero il fratello Giuseppe, e colpirono a morte Andrea, un bimbo di appena quattro anni. (LEGGI LA TRAGICA STORIA DEL PICCOLO ANDREA).
Tra gli omicidi c’è quello commesso con il cognato Mico Farinella, boss del mandamento palermitano di San Mauro Castelverde (Farinella ha sposato la sorella di Pullarà).
La vittima si chiamava Antonino Cusimano, assassinato con tre colpi di pistola nelle campagne di Castelbuono, il 2 ottobre del 1990. Cusimano, titolare di un’agenzia di assicurazione, sarebbe stato assassinato per non avere pagato dei debiti a persone protette dai Farinella. Il movente è sempre rimasto oscuro.
Anche Farinella era tornato libero l’anno scorso grazie un ricalcolo della pena basato sull’indulto. Si spalancarono inaspettatamente le porte del carcere dove altrimenti sarebbe dovuto restare per sempre. Il boss Farinella, però, dal soggiorno obbligato di Voghera, dove viveva dopo la scarcerazione dell’anno scorso, avrebbe gestito il mandamento ed è stato di nuovo arrestato il mese scorso.
Alla scarcerazione si arriva al termine di un percorso, seguito dall’avvocato Giuliana Falaguerra, iniziato nel 2016 quando il Tribunale di sorveglianza di Siena ha concesso a Santi Pullarà, figlio del boss Giovan Battista e fratello di Ignazio, altro ergastolano, il primo permesso premio.
Quindi la semilibertà nel 2018 con la possibilità di lavorare nel ristorante della cooperativa sociale ‘La proposta‘. In quell’occasione Pullarà ha scritto una memoria in cui ha ripercorso le vicende e la storia della sua vita, “assumendosi le responsabilità delle scelte di allora e delle successive conseguenze, mostrando già in quella sede – scrivono ora i giudici – un maturato distacco dal pregresso stile di vita”.
Ed ancora: “Il condannato spiegava anche la scelta di non simularsi pentito all’epoca delle ‘grandi collaborazioni’ sapendo lucidamente quali sarebbero state le conseguenze del suo silenzio, ma preferendo affrontare l’espiazione della pena più grave, piuttosto che adottare comportamenti strumentali per godere dei benefici di legge”.
Si è anche accertato che Pullarà non può pagare le obbligazioni civili derivanti dai reati, come i risarcimenti, perché non ha soldi.
Dal 2001 è stato detenuto a San Gimignano. Ha conseguito la laurea triennale in Lettere, e a breve otterrà la specialistica in Storia medievale con una tesi sulla Sicilia.
Ha frequentato la scuola superiore di enogastronomia, ha scritto racconti e un romanzo di fantasia – ‘La combinazione’ -, ma con ampi tratti autobiografici (parlava un killer, dei rapporti fra mafia e politica, con una trama che portava a personaggi realmente esistiti), ha fatto volontariato per un’associazione che aiuta le persone con disabilità, fisiche e psichiche.
In udienza ha spiegato il senso dei suoi approfondimenti culturali e le ragioni di tale analisi che comprovano – scrivono i giudici – la ricerca di un effettivo distacco dal passato, anche in termini di elaborazione delle ragioni delle scelte dei condizionamenti di vita”.
Non è mai tornato in Sicilia, e per un periodo è stato ospite in casa di un professore universitario di Lingua e letteratura a Siena.
Le uniche note stonate in un quadro di ravvedimento si devono alle informazioni di polizia, giunte tramite il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica della prefettura senese, le cui conclusioni sintetiche dicono che “risultano indicazioni tali da far ritenere probabile l’attualità di collegamenti del detenuto con la criminalità organizzata”.
Sul punto il Tribunale di sorveglianza scrive che si tratta di “conclusioni alquanto allarmanti atteso che il soggetto è in semilibertà da oltre due anni a Siena e che se ancora risultassero collegamenti attuali con la criminalità ben dovrebbe essere stato quantomeno richiesto un procedimento per la revoca della misura”.
Il magistrato di sorveglianza ha chiesto chiarimenti e la prefettura ha spiegato che la questura di Palermo, nel giugno scorso, ha ricordato “il curriculum criminale del condannato e i gravissimi reati commessi per cui in assenza di collaborazione effettiva si ritiene che non possa venir meno l’inserimento nel gruppo è dunque da ritenersi latente e perdurante la pericolosità sociale sulla base di massime di comune esperienza”.
Il nome di Santi Pullarà non è saltato fuori nelle recenti indagini, se non in rarissime occasioni. La sorella Francesca, moglie di Mico Farinella, parlava delle vicende giudiziarie del fratello che allora era in regime di “semilibertà, esce la mattina e rientra la sera”. Marito e moglie avevano appena incontrato a Voghera Giovanni Scaduto, un altro ergastolano in detenzione domiciliare per motivi di salute con il permesso di uscire di casa. Gli incontri fra gli ergastolani vanno di moda, anche se sono vietati.
Per i magistrati di Firenze non basta guardare al passato. Il presente è caratterizzato da segnali positivi di ravvedimento concreto.
Santi Pullarà, killer di mafia, ottiene la libertà condizionale abiterà a Siena, e resterà in casa dalle 23 alle 7, non si allontanerà mai dal territorio senza l’autorizzazione, continuerà a lavorare e non frequenterà pregiudicati. La Procura generale ha dato parere positivo alla libertà condizionata.