PALERMO – I siciliani avevano attivato un canale della cocaina con i narcos colombiani e i grossisti calabresi. Era il 2016. Cinque anni dopo si conclude il processo di appello.
Queste le condanne inflitte dal collegio presieduto da Adriana, Pietro Balsamo (Carini, 9 anni, 9 mesi e 10 giorni, Alessandro Bono (Carini, 20 anni), Salvatore Calderone (Palermo, un anno e 4 mesi), Fabio Chianchiano (Palermo, 10 anni), Carmelo Cutrì (Reggio Calabria, 6 anni e 8 mesi), Davide Di Stefano (Palermo, un anno e quattro mesi), Salvatore Faraci (Mazara del Vallo, 11 anni e 4 mesi: difeso dagli avvocati Dario Gallo e Gabriele Sebastiano in primo grado ne aveva avuto 16 ), Susanna Godino (Mazara del Vallo, 3 anni, un mese e 10 giorni), Giuseppe Mannino (Carini, 10 anni), Rocco Morabito (Reggio Calabria, 8 anni e 8 mesi), John Jarlin Rosero Murillo (Colombia, 4 anni e 8 mesi), Giovanni Sergio (Reggio Calabria, 6 anni), Antonino Vaccarella (Palermo, 4 anni).
Davide Guilermo Naranjo Vasquez, l’emissario in Sicilia dei narcos colombiani, è latitante. I palermitani, attraverso Alessandro Bono, personaggio chiave dell’inchiesta, erano riusciti ad agganciarlo.
Dall’ecstasy comprata in Germania e venduta nei locali notturni alla cocaina importata dal Sud America. Bono era già stato arresto per un di “pasticche”. Secondo i finanzieri del Goa e i poliziotti della Squadra mobile si era messo alla guida di un’associazione che riempiva di polvere bianca le piazze di Palermo, Carini, Capaci, Partinico, Trapani, Salemi, Mazara del Vallo e Marsala.
L’uomo di fiducia di Bono, colui che avrebbe condotto anche alcune trattative per l’acquisto di droga, sarebbe stato Mannino.
Bono sarebbe anche riuscito a creare un canale con i calabresi. In particolare con Rocco Morabito, fotografato al Mc Donlad’s della stazione Roma Termini assieme a Giovanni Sergio. Le indagini imboccarono così una pista che arrivava dritto ai clan Piromalli di Gioia Tauro e Alvaro di Sinopoli.