PALERMO – Tracce di sangue, alcuni frammenti di tessuto bruciati, una ciocca di capelli, la saliva dei familiari del presunto assassino di Roberta Siragusa, la scarpa del padre. È lungo l’elenco dei campioni su cui stanno svolgendo le analisi i carabinieri del Ris di Messina.
L’inchiesta è quella sulla morte della ragazza di Caccamo, avvenuta poco più di un mese fa, nella notte fra il 24 e 25 gennaio. L’unico indagato al momento è il fidanzato Pietro Morreale, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, la gelosia.
Nei giorni successivi al ritrovamento del cadavere i carabinieri della compagnia di Termini Imerese hanno eseguito delle perquisizioni su ordine della Procura. L’elenco completo dei reperti traccia il percorso che stanno seguendo gli investigatori.
La ciocca di capelli
Roberta potrebbe essere stata uccisa nei pressi dello stadio di Caccamo, dove si era appartata con il fidanzato a bordo di una Fiat Punto. Qui sono stati trovati le chiavi di casa della vittima, parti di tessuto bruciate e un “gruppo di verosimili formazioni pilifere (verosimile ciocca di capelli)”.
La scarpa del padre
In una delle abitazioni della famiglia Morreale, a Lascari, è stata sequestrata una scarpa “marca Cat” la stessa che il padre di Pietro, Ivan Morreale, ha detto di avere indossato la mattina in cui accompagnò il figlio in caserma.
L’obiettivo delle analisi è scoprire l’eventuale presenza di tracce di terra, compatibile con quella della zona nei pressi dello stadio e del dirupo in contrada Monte San Calogero dove è stato trovato il corpo di Roberta. Se così fosse significherebbe che il padre sarebbe stato presente sui luoghi del delitto, dunque ne sarebbe stato a conoscenza. Si tratta naturalmente di un’ipotesi. Nell’abitazione di Lascari non sono state trovate tracce biologiche utili alle indagini.
Tracce di sangue nel lavandino
Quindi i carabinieri si sono spostati nella casa di Caccamo, quella in cui Pietro e i familiari hanno dormito la notte del delitto, per prelevare un campione di saliva dei genitori. In casa sono state rinvenute tracce “positive al combur test (che si usa per trovati macchie di sangue)” su alcuni asciugamani, nel lavandino del bagno, nella fuga dei mattoni del pavimento e sul tappetino. Se fosse il sangue di Roberta Pietro, dunque, si sarebbe ripulito dopo il delitto.
E nella macchina
Infine i carabinieri hanno passato ai raggi X la Fiat Punto trovando tracce “positive al combur test” sul volante, sul sedile posteriore, sulla leva del freno a mano, sul sedile lato passeggero.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri, accolta dal giudice per le indagini preliminari che ha convalidato il fermo del diciannovenne, il ragazzo avrebbe ucciso la fidanzata nei pressi dello stadio per poi gettare il cadavere del dirupo, dopo avere provato a bruciarlo.
La ricostruzione
Quindi ha fatto rientro a casa. La Fiat Punto di Pietro Monreale è stata filmata mentre transitava due volte lungo la strada dove è stato ritrovato il corpo. Il primo passaggio è delle 2:37 ed è tornato indietro alle 2:43. Successivamente alle 3:28 con rientro alle 3:40. Alle 9:29 Pietro, il padre e un avvocato sono andati in caserma. “È successa una cosa grave”, disse il genitore ai carabinieri. Il gip Angela Lo Piparo ha parlato di un “un tempo oscuro sufficientemente lungo per cercare di far sparire ogni traccia”.
Che possano esserci responsabilità ancora da scoprire è fin troppo chiaro dalla direzione investigativa indicata ancora una volta dal giudice: “Non può peraltro escludersi che egli sia stato coadiuvato nell’azione successiva, relativa occultamento degli elementi di prova”.
Non è stata strangolata
Dai primi rilievi dell’autopsia è emerso che Roberta non sarebbe morta per strangolamento. Potrebbe essere stata stordita con un colpo alla testa e successivamente le fiamme appiccate sul suo corpo avrebbero provocato un asfissia mortale. Solo gli esami istologici potranno dare il responso. Il consulente non ha ancora stilato la relazione conclusiva, attesa per i primi giorni di aprile.
“Inquinamento delle prove”
Che cosa è accaduto dopo il delitto? Il giudice ha scritto che ci sono altri particolari che farebbero emergere “la rappresentazione plastica della precisa volontà di inquinamento delle prove”.
In particolare destano sospetti le condizioni della camera da letto di Pietro Morreale la mattina della perquisizione. Gli investigatori hanno annotato che la stanza era “ordinata perfettamente, nessun oggetto è fuori posto, il letto è rifatto, non ci sono abiti o altro, la scrivania sembra non esser mai stata utilizzata”.
Tutto ciò contrasta “con lo stato di turbamento emotivo e con l’inevitabile trambusto della rivelazione ai genitori di quella verità che essi hanno detto essergli stata rivelata dal figlio: non l’ha uccisa, si è data fuoco“.
Ris al lavoro
Infine ci sarebbero delle contraddizioni nel racconto che i familiari di Monreale hanno reso agli investigatori. Il padre ha detto che si è svegliato alle 6 e ha parlato con il figlio avendolo visto turbato. La madre ha riferito che si è alzata tra le 6:30 e le 7:15 ed è stata lei a chiamare il marito. La sorella ha spiegato di essere tornata a casa alle 7:35 e la situazione era tranquilla. Poi il fratello le ha raccontato cos’era accaduto. Ci sono tanti tasselli da mettere a posto. Sul delitto di Roberta, uccisa a 17 anni, si continua a indagare. E le indagini si concentrano sull’analisi dei campioni da parte dei carabinieri del reparto investigazioni scientifiche di Messina e su chi avrebbe aiutato il fidanzato.