CATANIA – È uno degli ultimi casi di lupara bianca a Catania. Un boss di mafia, uno boss di “peso”, è sparito nel nulla nel 2011. L’arresto di Agatino Cristaudo, fratello del pentito Salvatore, riporta alla memoria l’omicidio di Giuseppe Rizzotto, all’epoca reggente di Cosa nostra del Villaggio Sant’Agata. Quartiere roccaforte degli Ercolano. Ed è anche in quel cognome che gli inquirenti hanno cercato il movente di quel delitto. In quelle tensioni (mai sopite) tra le Ercolano e Santapaola per lo scettro del potere. Un omicidio che ha già una verità processuale scritta in una sentenza diventata irrevocabile (e per alcuni versi storica, ndr). Che vede condannati due uomini d’onore, Daniele Nizza e Orazio Magrì.
È il 14 settembre del 2011 quando Giuseppe Rizzotto esce di casa e non fa mai rientro. Passano i giorni e i familiari presentano denuncia. Sono i pentiti a dare una svolta a un’indagine che da un caso di scomparsa si trasforma in un’inchiesta per omicidio. Diversi pentiti hanno raccontato le fasi dell’agguato che si è consumato nella casa di campagna proprio di Agatino Cristaudo, il soldato della droga del gruppo Nizza. Il primo a parlare in modo dettagliato è Davide Seminara, tra i fedelissimi dei narcotrafficanti di Librino. Ma sono le rivelazioni di Fabrizio Nizza e Salvatore Cristaudo a dipingere in modo chiaro quel pomeriggio di sangue. Alla base, come detto, ci sono i forti contrasti interni tra la frangia degli Ercolano, collegati con il gruppo del Villaggio, e la famiglia di sangue dei Santapaola, a cui fanno riferimento Librino e San Cristoforo. Rizzotto prova a vendere dello stupefacente alla compagna di Seminara, che già si rifornisce dai Nizza.
Al rifiuto della signora risponde che “le cose presto sarebbero cambiate”. Una frase che scatena l’ira dei Santapaola che preparano un “incontro chiarificatore”. Fabrizio Nizza ordina ai suoi soldati di procurare le armi, mentre gli altri accompagnano alla “scampagnata” Giuseppe Rizzotto. Un primo incontro va in fumo. Lo racconta Fabrizio Nizza. Nel secondo appuntamento arrivano gli scooter con a bordo Daniele Nizza, Orazio Magrì, Salvatore Guglielmino, Giuseppe Rizzotto e Angelo Mirabile, anche lui come “u ciareddu” del gruppo del Villaggio. Rizzotto non ha il tempo di capire cosa sta accadendo che si trova una pistola puntata sulla tempia. Fabrizio Nizza tiene in mano una 9×21 e chiede conto e ragione del suo comportamento. Il boss tentenna e Orazio Magrì prende la pistola e scarica addosso a Rizzotto tutti e cinque i colpi rimasti nella pistola. Non ha una mira precisa Magrì, perché il reggente del Villaggio rimane agonizzante sul selciato della villetta di campagna. Fabrizio Nizza (solo lui) racconta di una pugnalata alla schiena che avrebbe fermato l’agonia di Rizzotto. Poi il corpo è stato seppellito. Ma dopo la notizia del pentimento di Fabrizio Nizza è stato spostato più volte. Quando gli investigatori arrivano nel luogo indicato da Salvatore Cristaudo trovano solo i resti di alcuni sacchi neri. Sacchi in cui sarebbe stato avvolto il corpo senza vita del boss.