Dietro una porta della seconda rianimazione del Civico, l’avvocato Enzo Fragalà è al crocevia tra la vita e la morte. La porta è difesa da un carabiniere compito. Intorno, nello spiazzale, ci sono amici e parenti. Protezioni coraggiose, eppure vane. Il terribile è già accaduto. Cosa c’è di più tremendo delle bastonate inferte a un uomo che si trascina a terra?
Ci sono “Quelli di destra” – come dice un portantino – al capezzale dell’amico e del maestro massacrato. Già, quelli di destra che possono piacere o non piacere. In queste occasioni dimostrano, senza dubbio, di avere il cuore al posto giusto. Un cuore grande, generoso e afflitto nell’ora della prova.
C’è Davide Gentile, giovane e appassionato di politica, seduto su un muretto con gli occhi lucidi: “Abbiamo passato la notte qui, con Enzo – racconta -. Non vogliamo abbandonarlo nel momento del bisogno. I migliori soffrono sempre più degli altri”. E il pensiero corre alla cameretta dietro vetri della rianimazione. Altri, per una similitudine del dolore, rammentano la sciagurata sorte che tocca ai più bravi. E se ne dolgono. “Sì, i meglio se ne vanno o stanno troppo male – sussurra un militante -. Penso a Marzio”. Cioè, Marzio Tricoli, un altro galantuomo della destra, sottratto ai suoi cari e all’impegno pubblico da un accidente tragico e banale.
Ma qui, adesso, il cuore di tutti batte per Enzo, per la sua lotta disperata. Bartolo Sammartino nasconde la commozione dietro un paio di occhiali scuri. Non perde lucidità. Cerca di ragionare. “Chi è stato? Credo che il movente sia da ricercare nella professione che Enzo Fragalà svolge egregiamente. Ma non penso a una cosa recente. Mi sembra più plausibile che qualcuno uscito dal carcere abbia architettato e commesso questa follia. Ieri, l’ho saputo subito e mi sono precipitato qui”. Un altro amico, a mezza bocca: “Perché non girava con la scorta? Glielo avevo detto che non era prudente…”.
Sul muro bianco e giallo, appena fuori dalla rianimazione, le mani degli uomini che stanno fuori hanno lasciato una frase scritta, scolpita, o accennata, per gli uomini che combattono dentro, come l’avvocato Fragalà. La calce è punteggiata dagli ex voto, dai nomi dei pazienti del reparto, Si legge: “Ilenia, Gesù è con te”. E’ il muro delle preghiere, del pianto, della speranza.
Una donna attraversa la porta che conduce al confine tra la vita e la morte e viene circondata dai giornalisti. E’ la dignitosissima moglie dell’avvocato, la signora Silvana. Affronta le domande con serenità esemplare: “Enzo ha il tronco spostato per le botte. I medici parlano di un lievissimo miglioramento. Mio marito è amato da tutti. Certo, ha affrontato tante cause. Non mi spiego questa ferocia. Perché è successo, perché?”. Nessuno può rispondere. Né l’affetto dei parenti, né gli occhi bassi dei cronisti. Nemmeno le parole che si rincorrono sul muro delle lacrime, della speranza. E invocano Gesù.
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