PALERMO – L’inchiesta sugli “assenteisti” del Comune di Palermo è partita da una “informazione confidenziale”. Qualcuno ha parlato con la guardia di finanza, aprendo uno squarcio sulla diffusa abitudine di allontanarsi dal lavoro o, nei casi più gravi, di non andarci proprio.
I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno piazzato per alcuni mesi, nell’estate del 2018, le telecamere attorno ai Cantieri culturali della Zisa. In particolare nei tre ingressi di via Paolo Gili, via Perpignano e via Polito, e davanti all’apparecchiatura per timbrare. Risultato: 8 arresti e un totale di 43 indagati tra dipendenti comunali e delle società Coime e Reset.
Zero controlli
Il giudice per le indagini preliminari Rosario Di Gioa lo scrive chiaramente: “Appare evidente come il meccanismo fraudolento utilizzato dagli indagati abbia potuto realizzarsi e reggere nel tempo non solo grazie alle condotte di complicità tra colleghi, ma anche a quelle di omesso controllo (seppur talvolta colposo) da parte dei soggetti preposti alla sorveglianza in un contesto di diffuso disinteresse per le funzioni da svolgere”.
Il funzionario
Tra gli indagati c’è anche Antonino Muratore, funzionario preposto all’area personale a cui vengono contestati 6 episodi di assenteismo, ma “attraverso i suoi comportamenti omissivi avrebbe consentito a numerosi dipendenti di porre in essere le condotte fraudolente”.
E così il procuratore aggiunto Sergio Demontis e il sostituto Maria Pia Ticino hanno tracciato un quadro sconfortante in soli quattro mesi, fra maggio e agosto.
Il sindacalista
Era normale assentarsi o allontanarsi per sbrigare le faccende private. Piccoli e grandi episodi. Lo sarebbe stato normale, ad esempio, per Salvo Barone, noto e battagliero sindacalista, sorpreso al supermercato a comprare uno spazzolino in uno dei 49 episodi che gli vengono contestati.
Il cugino de boss
Assentarsi era “normale” per Tommaso Lo Presti (63 assenze ingiustificate), cugino degli omonimi boss di Porta Nuova distinti solo dal soprannome: il lungo e il pacchione. Lo Presti è indagato per un’estorsione aggravata dal metodo mafioso in un’altra inchiesta. Il sistema delle timbrature di comodo (a turno i colleghi presenti strisciavano per gli assenti) andava avanti da se tanto che Lo Presti sarebbe risultato presente anche quando nel 2019 si trovava ricoverato in una clinica privata.
Il papà di Angela
Ed ancora. tra gli indagati, c’era chi come Isidoro Chianello (il papà di Angela da Mondello), è stato più volte immortalato mentre timbrava il badge in costume e infradito. Una tenuta di certo non da lavoro (6 assenze per 16 ore).
Il figlio del boss
Più assiduo nell’assentarsi era Giancarlo Nocilla, figlio Domenico capomafia di Misilmeri. Mentre risultava in servizio si trovava tra Ficarazzi e Misilmeri, non proprio a due passi da Palermo.