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Le stragi, i misteri, la trattativa | Pisanu: “Riina parla contro lo Stato”

"Non mi risulta il segreto di Stato"
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“Non credo che Totò Riina abbia parlato per amore di verità, ma solo per lanciare quella frase contro il suo principale nemico, lo Stato. E infatti si è subito rinchiuso nel suo cupo silenzio, lui che pur conoscendo tutto della strage di Via D’Amelio, non vuol dire niente altro”. Beppe Pisanu, Presidente dell’Antimafia traccia un bilancio dei lavori della commissione in questo anno in una intervista all’Ansa e parla, tra l’altro, dei “persistenti misteri” delle ragioni della strage di Via D’Amelio rispondendo ad una domanda sulle affermazioni (non lo abbiamo ucciso noi Borsellino) fatte da Riina. Fu, dice Pisanu, sempre Riina, “a deliberare, oltre all’assassinio di Falcone, anche quello di Borsellino. Risulta inoltre che la data dell’esecuzione fu anticipata per ragioni ancora ignote, ma così importanti da far rinviare sine die alcuni omicidi politici già programmati. Forse la conoscenza di quelle ragioni potrebbe chiarire alcuni persistenti misteri sulle cosiddette trattative e sulle probabili convergenze di Via D’Amelio”.

L’ex ministro di Grazia e Giustizia Giovanni Conso lo ha evocato davanti all’Antimafia ma a Beppe Pisanu non risulta che vi sia il segreto di Stato sulle stragi. Le affermazioni fatte da Conso sono probabilmente il convincimento maturato dall’ex ministro alla luce degli elementi emerse nel tempo. Intervistato dall’Ansa Pisanu dice: “Penso che il Professor Conso, si sia riferito ad indagini e ricostruzioni successive che hanno proiettato l’ombra di pezzi deviati o di servitori infedeli dello Stato sulle scene dell’Addaura, di Capaci e di Via D’Amelio”. L’ex ministro Conso durante la sua audizione a San Macuto ha risposto infatti così ad una domanda sulla presenza dei servizi segreti sia alle spalle della vicenda delle revoche dei 41 bis (carcere duro) per i mafiosi, sia,in generale, per la cosiddetta trattativa tra Stato e mafia: “Certi dubbi mi nacquero dopo, con il passare del tempo. Certe vicende, che sono poi esplose, molto oscure, e poi il segreto di Stato che blocca tutto. Questo è un altro discorso. All’epoca del mio mandato e con particolare riguardo a questo tema, devo dire di no”.

Beppe Pisanu ricorda che sotto la reggenza del dicastero della Giustizia da parte di Giovanni Conso, nel 1993, non ci furono solo le 140 mancate revoche del carcere duro (41 bis) per i “picciotti” che tanto hanno fatto discutere. “Se ci fu la mancata conferma del 41 bis ai 140 mafiosi di calibro medio-basso detenuti all’Ucciardone, vi fu anche, due mesi dopo, la proroga di altri 325 provvedimenti tra i quali figurava tutto il ‘gotha’ di Cosa Nostra”, sottolinea. E Pisanu indica i nomi eccellenti a cui venne rinnovato il 41 bis: Gerlando Alberti, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Stefano Fidanzati, Giacomo Gambino, Salvatore Greco, Luciano Liggio e Francesco Madonia, “solo per fare alcuni nomi in ordine alfabetico”. “Come spiegare – dice ancora Pisanu – il senso pratico di una trattativa così spericolata tra mafia e Stato che alla fine avrebbe premiato i gregari e punito i grandi boss? Bisogna essere molto cauti quando si parla di trattativa”. Il Presidente dell’Antimafia esprime apprezzamento per l’ex ministro della Giustizia che scelse di non rinnovare i 140 41 bis per i mafiosi per evitare altre stragi:”Chi conosce il rigore morale e il senso dello Stato del professor Conso – dice – non può mettere in dubbio la sincerità delle dichiarazioni che egli ha reso alla Commissione antimafia. Nel merito ricordo che in quel periodo ci furono non solo mancate conferme ma anche rinnovi del 41 bis, sui quali stiamo facendo ulteriori controlli sulla base di nuovi documenti che ci ha fornito in questi giorni il Ministero della Giustizia”.

“A quanto mi risulta nessuna sede autorevole ha mai avuto dubbi sugli Stati Uniti, paese notoriamente amico e sempre impegnato con noi nella lotta alla criminalità transnazionale”. Pisanu risponde con queste parole ad una domanda sugli eventuali interessi internazionali che potrebbero aver offerto una cornice alle intimidazioni portate dalla mafia a suon di bombe. In passato si è parlato anche degli Usa e di altri paesi a noi più vicini. Pisanu, intervistato dall’Ansa, esclude decisamente gli Usa ma non esclude che il problema, magari con altra “bandiera” ci sia visto che indicazioni vennero da uomini autorevoli dello Stato. “In quegli anni – dice Pisanu – si parlò di paesi stranieri interessati alla destabilizzazione dell’Italia e dunque in qualche modo favorevoli al terrorismo mafioso che devastava il nostro patrimonio artistico e insanguinava le nostre strade da Palermo, a Roma e a Milano. Lo stesso capo della polizia di allora, il compianto Prefetto Parisi, attribuiva notevole importanza a voci di questo tenore provenienti da servizi segreti stranieri”.


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