CATANIA – Approda in Cassazione il processo per l’omicidio di Ada Rotini, la 46enne massacrata dall’ex marito Filippo Asero in mezzo alla strada, l’8 settembre 2021. La difesa di Asero, assistito dall’avvocato Gaetano Schilirò, ha presentato ricorso in Cassazione per la sentenza che lo ha condannato all’ergastolo. Ora si attende che i giudici di Piazza Cavour a Roma fissino la data dell’udienza.
Secondo il verdetto che passerà ora dal vaglio degli ermellini, Asero colpì a morte la povera Ada più di 40 volte con un coltellaccio, presentandosi all’appuntamento con lei armato. Una volontà omicida, secondo la Corte d’appello di Catania, che non meritava perizie, nè ulteriori approfondimenti. Da qui la mancata concessione di attenuanti.
Il verdetto di secondo grado: il movente
Le motivazioni della sentenza di condanna all’assassino reo confesso della povera Ada sono state depositate oltre sei mesi fa. La vittima era terrorizzata dall’uomo. E non si presentava mai da sola agli appuntamenti. Ma pochi istanti, pochi attimi, sono bastati ad Asero per dare sfogo ai suoi istinti omicida.
Il ricorso in Cassazione è stato presentato dal suo legale, che sin dal primo grado di giudizio chiede di sottoporre il suo cliente a una perizia psichiatrica. Il movente del delitto è purtroppo come un tragico refrain che non si riesce più a cancellare dalle cronache: l’assassino che non si rassegna alla fine di una relazione.
Lei lo aveva lasciato. La verità emersa in aula è che il movente del delitto è “nella mente dell’assassino, che evidentemente considera la vittima una sua proprietà”. Lei, la povera Ada, voleva solo riavere la sua vita. Lui, Filippo, gliel’ha tolta per sempre.
Una morte annunciata
La cronaca del delitto provoca al tempo stesso sentimenti di rabbia e di sgomento, perché Ada, il suo ex, lo aveva denunciato più volte. Asero aveva già tentato di farle del male. Lei non voleva avere più a che fare con lui dopo averlo denunciato per maltrattamenti.
Dal processo è emerso che quel delitto fu la cronaca di una morte annunciata. La paura della donna per le aggressioni del marito era stata segnalata più volte alle autorità. Aveva anche segnalato alle forze dell’ordine di aver subito botte, minacce, insulti. E un tentativo di spingerle la testa sott’acqua.
La cronaca del delitto e il tentato suicidio di Asero
Eppure quel giorno, a difenderla, non c’era nessuno. Il primo a intervenire fu un carabiniere fuori servizio, lì per caso, che riuscì a bloccare Asero prima che finisse di togliersi la vita, dopo averla tolta ad Ada. Poi l’assassino fu bloccato e finì in carcere.
In appello, l’imputato è stato condannato al risarcimento dei danni nei confronti di tutte le parti civili. C’era la famiglia di Ada, assistita dall’avvocato Giuseppe Cultrera, varie associazioni e il Comune di Bronte. Il resto sono pene accessorie. Interdizione in perpetuo dai pubblici uffici, interdizione legale e sospensione della responsabilità genitoriale durante l’esecuzione della pena. Poi, libertà vigilata per tre anni. La sentenza d’appello è stata emessa a febbraio. La famiglia di Ada non si è costituita in Cassazione.

