(rp) Adesso basta. La protesta che sta mettendo in ginocchio la Sicilia deve finire all’istante prima che il danno diventi irreparabile. Alcune istanze di chi manifesta formano un contenuto condiviso e condivisibile. Ma i modi prendono per il collo una possibile ragione per trasformarla in un sicuro torto. Se gli automobilisti aspettano invano la benedizione di un litro di benzina, se le casalinghe non trovano più generi di prima necessità negli scaffali del supermercato, a chi sarà inflitto il danno, ammesso che infliggere danni a chicchessia rappresenti il metodo più corretto di lotta? Non certo ai politici che ci malgovernano, né a coloro che, negli anni, hanno precipitato la Sicilia in un campo concimato a disperazione.
Poveri contro poveri. Cittadini contro cittadini. Non c’è logica nell’assedio che sfinisce, sempre che non si debba dare ascolto alle voci che indicano la presenza di invisibili pupari alle spalle dei tir con le ruote conserte. In quel caso, la storia sarebbe diversa.
In attesa di saperne di più, sappiamo già chi è il mandante della fame e della sete. E’ la politica che ha bisogno di subire violenza per abbozzare una reazione, perché comprende con esattezza il linguaggio della sopraffazione, il suo stile. In queste ore, leggiamo patetici comunicati stampa di onorevoli e sotto-onorevoli che tentano di cavalcare l’onda per squallido calcolo demagogico. E’ l’inadeguatezza eloquente dei responsabili di uno sfascio che, di fatto, si inchiodano da soli alla croce di centomila colpe, abbracciando la rabbia che monta dal basso. E poi c’è un silenzio che pesa. Raffaele Lombardo non ha parlato con la solennità che il frangente richiederebbe. Il presidente della Regione nulla dice di rilevante, non si esprime. Nel suo blog, l’ultimo messaggio al popolo riguarda un tema squisitamente elettorale: le comunali. “Per Palermo è il tempo della collaborazione e della concordia”. Circa la collaborazione non sapremmo. Sulla Concordia ci siamo. Nel senso di Schettino.