Agguato a Riposto, tutti condannati |Oltre 40 anni per gli imputati - Live Sicilia

Agguato a Riposto, tutti condannati |Oltre 40 anni per gli imputati

Mano pesante del gup di Catania Anna Maggiore.

la sentenza
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CATANIA. Sono pesanti le condanne in primo grado, ma più lievi rispetto alle richieste del pubblico ministero Marco Bisogni, per i cinque imputati del processo in abbreviato scaturito dall’inchiesta sul doppio agguato che la scorsa estate rese rovente il clima tra Mascali e Riposto. Leonardo Parisi, Salvatore Musumeci, Andrea Spanò e Remo Arcarisi, tutti accusati di tentato omicidio premeditato, porto abusivo di arma da sparo e resistenza a pubblico ufficiale, sono stati condannati complessivamente a 42 anni e 11 mesi di carcere. Il gup di Catania Anna Maggiore li ha assolti dall’accusa di resistenza, come chiesto anche dall’accusa, e ha escluso l’aggravante della premeditazione.

La pena più dura, 10 anni e 9 mesi, è stata comminata al 45enne giarrese Leonardo Parisi, ritenuto affiliato al clan Laudani. Condanna a 9 anni e 10 mesi per Salvatore Musumeci, 35enne di Giarre. Stessa pena per il 27enne Andrea Spanò ed il 26enne Remo Arcarisi, entrambi giarresi, condannati a 7 anni e 8 mesi.

LE REAZIONI. “Rimango convinto che l’ipotesi normativa più confacente ai fatti – dichiara Ernesto Pino, difensore di fiducia di Leonardo Parisi – sia quella di tentate lesioni aggravate dall’uso dell’arma. Pur tuttavia attendo le motivazioni per poter insistere con i motivi di gravame”. Scende più nel dettaglio Salvo Sorbello, legale di Salvatore Musumeci e Remo Arcarisi, quest’ultimo in codifesa con Marco Tringali. “Siamo ansiosi di conoscere le motivazioni con cui il giudice argomenterà alcuni elementi – dichiara Sorbello – Non solo la qualificazione del fatto ma soprattutto la ritenuta responsabilità di Salvatore Musumeci, rispetto al quale non solo la pubblica accusa non ha portato alcun indizio, fatta eccezione per i controlli risalenti nel tempo tra due dei coindagati, ma soprattutto perché il giudice non ha valutato né l’assenza di tracce che fossero riconducibili al mio assistito all’interno dei veicoli sequestrati, né la circostanza che nessuno dei verbalizzanti ha riconosciuto Musumeci. Ma soprattutto – conclude il legale – non ha considerato la perizia fonica che dimostra la sua assoluta estraneità rispetto a tutti i fatti contestati”. E sulla qualificazione del reato insiste anche Claudio Grassi, legale di Andrea Spanò.“Ritengo innanzitutto che il reato dovrebbe essere qualificato in altro modo – spiega Grassi – e cioè come minaccia aggravata dall’uso delle armi. Credo, inoltre, che non ci siano le prove certe che tutti gli imputati fossero sul luogo della sparatoria perché non c’è stato un riconoscimento visivo da parte dei carabinieri. Non c’erano quindi indizi gravi, precisi e concordanti. I miei assistiti potevano essere assolti con il beneficio del dubbio. Il giudice – conclude il legale – ha comunque correttamente escluso la premeditazione e ha comminato certamente una pena più congrua rispetto alle richieste eccessive dell’accusa”.

IL DOPPIO AGGUATO. E’ il 6 luglio dello scorso anno quando, tra Mascali e Riposto, in meno di sei ore vengono esplosi cinque colpi di arma da fuoco. Il primo, a Mascali, colpisce ad una gamba il pregiudicato Sebastiano Flori. Gli altri quattro, indirizzati al ripostese Luigi Falzone, vanno a vuoto. Dall’arrivo di Flori in ospedale prendono il via le indagini dei carabinieri della Compagnia di Giarre, coordinate dal sostituto procuratore di Catania Marco Bisogni. In meno di sei ore i militari dell’Arma individuano tre possibili vittime di ritorsione. Tra queste c’è proprio Luigi Falzone. I carabinieri si appostano nelle vicinanze della sua abitazione. Poco dopo le 23 due automobili, una Bmw ed una Daewoo Matiz, passano davanti casa di Falzone. Dalla Matiz partono in rapida sequenza quattro colpi di pistola. I carabinieri si lanciano all’inseguimento delle due automobili e riescono a bloccare la Bmw e ad arrestare Leonardo Parisi, Remo Arcarisi e Giovanni Trovato. Durante l’udienza di convalida degli arresti spuntano delle intercettazioni captate all’interno della Bmw dai militari del Gico, reparto delle Fiamme Gialle di Catania. Cimici piazzate per un’altra inchiesta incrociatasi con le sparatorie. Nel fine settimana successivo i carabinieri della Compagnia di Giarre eseguono due fermi di indiziato di delitto in 24 ore nei confronti di Salvatore Musumeci. Dopo cinque giorni viene fermato anche Andrea Spanò, che avrebbe avuto la disponibilità della Matiz. Il cerchio si chiude definitivamente con i fermi di Giuseppe Castorina, Liborio Previti e la stessa vittima del secondo agguato, Luigi Falzone. Il gip Francesca Cercone scarcera Liborio Previti per mancanza di gravi indizi di colpevolezza. Poco dopo il tribunale del Riesame rimette in libertà anche Giuseppe Castorina. La posizione di Liborio Previti viene archiviata.

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