Aldo, il mondo dei buttafuori | I ragazzi dello Zen in caserma - Live Sicilia

Aldo, il mondo dei buttafuori | I ragazzi dello Zen in caserma

Sarebbero gli addetti alla sicurezza parallela. Buttafuori pagati in nero per controllare chi vive nel loro stesso quartiere e cerca di imbucarsi in discoteca.

PALERMO - LE INDAGINI
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PALERMO – I ragazzi dello Zen sfilano in caserma. Sarebbero gli addetti alla sicurezza parallela. Buttafuori pagati in nero per controllare chi vive nel loro stesso quartiere e cerca di imbucarsi in discoteca.

I loro volti sono rimasti impressi nelle immagini delle telecamere piazzate all’esterno della discoteca Goa dove è stato ucciso Aldo Naro. Quattro ragazzi, ventenni o giù di lì, sono stati convocati uno dopo l’altro al comando provinciale dei carabinieri per riferire tutto ciò che potrebbero sapere sulla morte del giovane laureato in medicina. In verità nulla saprebbero di quanto accaduto. Le immagini confermerebbero che sono rimasti quasi tutti all’esterno del locale. L’unico ad entrare è stato il più piccolo fra di loro, e cioè il diciassettenne fermato con l’accusa di omicidio. Un altro, però, avrebbe confermato il quadro indiziario raccolto contro il minorenne.

Sono rimasti per alcuni giorni nelle retrovie. I carabinieri, che li hanno individuati con l’aiuto dei poliziotti della Squadra mobile e del Commissariato San Lorenzo, non li hanno trovati quando sono andati a bussare alla porta di casa per ascoltarli. Poi, una volta che l’amico si è presentato al Malaspina, secondo una scansione temporale tutt’altro che casuale, si sono fatti vivi. A cominciare dal figlio ventenne di un boss del popolare quartiere periferico. Nulla ha a che vedere con la storia criminale del padre. Anche lui, come il minorenne, dice di avere lavorato al Goa.

Il titolare della discoteca si è detto all’oscuro della loro presenza. Si è sempre affidato ad una società che si occupa di sicurezza a livello professionale. Perché non ci si può improvvisare buttafuori, per farlo devi essere inserito in un albo prefettizio controllato dal ministero dell’Interno. Se il racconto del diciassettenne fermato per omicidio (“Io lavoravo in discoteca”) e quello degli altri sentiti in caserma è vero, se davvero controllavano che tutto filasse liscio soprattutto all’esterno del locale, se il titolare nulla sa, i carabinieri e i magistrati si chiedono allora a che titolo e chi li ha reclutati, visto che sulle loro mansioni sembrerebbero non esserci dubbi.

C’è, infatti, chi dice che stavano lì per evitare grane con quelli che, come loro, vivono nei casermoni dello Zen. Devono convincerli a non scavalcare il muro di cinta, a tenersi alla larga quando insistono per imbucarsi in una festa privata. Magari vengono lasciati entrare, nonostante il loro nome non sia inserito in lista, con la promessa fatta ad un buttafuori, che è anche amico, di non fare casini.

Le indagini dei carabinieri del Comando provinciale avrebbero fatto emergere il sottobosco della vigilanza parallela. Circostanza venuta mentre si indaga per capire se ci siano altre responsabilità nella folle notte del Goa costata la vita ad un ragazzo, fino ad escludere che il diciassettenne fermato si sia presentato per evitare guai ad altri. Un’ipotesi non sottovalutata. La sua confessione, però, arrivata al termine di un lungo interrogatorio, non sembra frutto di un’imposizione esterna.

 


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