Piero Amara radiato dall'albo degli avvocati di Catania

Piero Amara radiato dall’albo degli avvocati di Catania

L'ex avvocato esterno di Eni, originario di Augusta, è al centro dello scandalo legato al cosiddetto "Sistema Siracusa".
IL PROVVEDIMENTO
di
1 min di lettura

CATANIA – Piero Amara è stato radiato dall’albo degli avvocati di Catania. La decisione è stata presa dal Consiglio distrettuale di disciplina di Catania lo scorso 14 ottobre 2022, ed è diventata esecutiva il 7 gennaio 2023. Solo ieri, tuttavia, è stata comunicata ufficialmente a tutti gli uffici competenti: i presidenti dei Consigli degli ordini forensi locali e il presidente di quello nazionale, oltre che il procuratore generale della Corte d’Appello di Catania e il procuratore della Repubblica del tribunale.

La comunicazione della radiazione è stata l’ultimo atto firmato dall’ormai ex presidente del consiglio dell’Ordine degli avvocati di Catania Rosario Pizzino, sostituito proprio nel pomeriggio di ieri dall’avvocato Antonino Guido Distefano. “Gli avvocati sono la prima e più importante garanzia di legalità di questo Paese – spiega Pizzino a LiveSicilia – È sempre un dolore dovere prendere provvedimenti di questo genere, poiché riferibili a comportamenti infedeli che ho difficoltà perfino a immaginare”.

Il provvedimento di radiazione di Amara, ormai esecutivo, è stato deciso dal Consiglio distrettuale di disciplina, che è un organismo indipendente rispetto al Consiglio dell’Ordine. Secondo quanto si apprende, i motivi che hanno portato alla radiazione di Amara sono da rintracciarsi nei fatti legati al tristemente noto “Sistema Siracusa“. Piero Amara, originario di Augusta, ex avvocato dell’Eni, ha patteggiato diverse condanne per reati che vanno dalla corruzione in atti giudiziari all’associazione a delinquere.

Dal 2018, quando per la prima volta il suo nome è finito sulle pagine delle cronache giudiziarie di tutt’Italia, alle più recenti esternazioni che l’hanno trasformato nel super-pentito ascoltato da diverse procure in giro per il Paese. Un “juke-box“, come lo ha definito il settimanale L’Espresso, capace di raccontare di corruzione di giudici e pubblici ufficiali, sentenze pilotate e accordi politici, arrivando a fare tremare perfino il Consiglio superiore della magistratura con la vicenda della presunta “loggia Ungheria”. Tutto partendo, 54 anni fa, dalla provincia di Siracusa.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI