PALERMO – “Non credo più nella rivoluzione”. Eppure, a pronunciare quelle parole è uno dei primi rivoluzionari. Uno di quelli, insomma, che sposò con convinzione massima la scalata di Crocetta verso Palazzo d’Orleans. Ma adesso, persino Antonio Malafarina non ci crede più. Anche il Megafono ha scaricato il governatore.
Un uomo solo. E nemmeno più al comando, visto che le decisioni, in un modo o nell’altro, ormai sono prese altrove. Al fianco di Rosario Crocetta non c’è più nessuno. Nessuno di quelli, almeno, che avevano dato una impronta e sostenuto anche dal punto di vista “etico” e del consenso, la sua permanenza alla guida della Regione. Sono andati via tutti, a uno a uno, prendendo le distanze da un fallimento.
Ma le parole di Malafarina, pronunciate insieme a Marco Forzese, deputato catanese transitato da poche settimane nel Movimento fondato dal governatore gelese, fanno un effetto particolare. Per Forzese bisogna “ricominciare a far politica seriamente, contrastando la confusione e l’immobilità amministrativa della Regione. Urge affrontare – ha aggiunto – i problemi di una lista come quella del Megafono, la cui politica sostanzialmente non è mai partita. Non si puó discutere di un rimpasto che deve avvenire da mesi, mentre diversi enti sono commissariati da anni. Trovo inutile, infatti, tenere sulla graticola i siciliani, pensando ad altri interessi, ben oltre la dimensione politica. Da oggi parte un percorso nuovo”. “Da due anni – rincara Malafarina – abbiamo un patto di lealtà con il presidente Crocetta, inghiottendo a volte anche qualche rospo, e i risultati sono evidenti. Crocetta – ha aggiunto Malafarina – definisce il Megafono ‘un movimento liquido’, ma dentro nessuno riesce a capire come si deve andare avanti. Io non credo più in questo progetto: l’ho sposato, ho creduto alla storia della rivoluzione, ma adesso non riesco più a riconoscerla”. Ciao ciao Crocetta, insomma. Un addio che arriva da un gruppo parlamentare che riportava nella denominazione il cognome del presidente. E che ha aggiunto successivamente un richiamo al Partito socialista di Nencini, che sembra l’approdo ormai certo di Malafarina, Forzese e di altri scontenti. E del resto già altri avevano polemicamente abbandonato in passato il Megafono: Giambattista Coltraro, ad esempio, deputato regionale e nuovo capogruppo di Sicilia democratica.
Ma lo “strappo” di Forzese e Malafarina altro non è che uno dei tratti che compongono la parabola triste del presidente. Scaricato da tutti. Sempre più solo. Ma tenuto in piedi ugualmente, come fosse un commediante ormai sfinito, ma costretto alla nuova recita sul palco. Già, perché a sostenere Crocetta non c’è più nessuno. Gli ultimi a scaricarlo sono stati gli “ex amici” di Confindustria: da Marco Venturi e Alfonso Cicero sono arrivate sberle all’indirizzo di Crocetta. Frasi che ne offuscano persino l’immagine, ne mettono in discussione i comportamenti, l’etica. Dall’altra parte anche Antonello Montante (anche lui ferocemente attaccato da Venturi e Cicero), nonostante le dichiarazioni dei vecchi compagni di viaggio, non è affatto entusiasta dell’amministrazione Crocetta, e da sponsor della prima ora sembra essersi disinteressato alle sorti di questo governo. E l’addio di Linda Vancheri ne è – comunque lo si guardi – un segnale forte dato al governatore e anche all’esterno.
Chi è rimasto, allora, vicino a Crocetta? Lucia Borsellino ha sbattuto la porta in maniera polemica. No, le intercettazioni fantasma non c’entrano nulla. Nella lettera d’addio, nelle interviste successive e nelle chiacchierate con gli amici, emerge una delusione fortissima. Non a caso, la prima sostenitrice della campagna elettorale di Crocetta, il “simbolo” della svolta moralizzatrice del nuovo governo, ha lasciato facendo riferimento a questioni “di ordine etico e morale”. Altro che dossier, altro che intercettazioni. Lucia Borsellino è andata via e non ne vuole più sentir parlare. Anche in questo senso si deve leggere la sua “presa di distanze” dall’assessore alla Salute Gucciardi, che aveva parlato in una intervista a Livesicilia di stretta collaborazione con l’ex assessore adesso all’Agenas. Una precisazione che appare semmai, un distacco netto da quel governo. E da chi lo guida. E il caso di Lucia Borsellino non è isolato. Anche altri simboli di legalità – stando alle parole di Crocetta – come Nicolò Marino hanno messo in discussione la portata rivoluzionaria di questa esperienza di governo. Lo stesso ha fatto l’avvocato Antonio Caleca, dimettendosi.
Vanno tutti via. Qualcuno prima, qualcuno dopo. Ma vanno tutti via. Anzi, non tutti. Perché in questa rappresentazione del fallimento, c’è chi resta, nonostante non parli più col presidente. Come separati in casa, costretti a vivere insieme per essere certi di poter pagare l’affitto. Da mesi ormai, ad esempio, sono gravemente peggiorati i rapporti tra Crocetta e Totò Cardinale. Quest’ultimo era stato in questi tre anni uno degli animatori di questa esperienza, uno dei più attivi “traghettatori” di deputati dall’opposizione alla maggioranza. E fin dall’inizio, di fatto, Crocetta litiga con Davide Faraone, che sembra ormai divertirsi a imporre la “legge di Roma” sulle azioni del governo regionale. Nemmeno i rapporti con Beppe Lumia sembrano più quelli di una volta: Crocetta pare non abbia gradito il duro comunicato stampa del senatore termitano (che ha poi corretto il tiro dopo le prime smentite della Procura) il giorno della pubblicazione dell’articolo dell‘Espresso sulla intercettazione fantasma. E nemmeno i tanti rimpasti sono serviti a ricucire davvero i rapporti col resto del Pd, quello siciliano, che in passato aveva chiaramente definito il governatore “inadeguato” al ruolo e che oggi vede nel mantenimento in carica di Crocetta, costretto a imbarcare persino l’Ncd, solo l’unico mezzo per provare a neutralizzare l’onda d’urto del Movimento cinque stelle che potrebbe abbattersi sull’Isola alla prossime elezioni, spinta dal vento sempre più forte della protesta. Vivacchiare, gestire qualche assessorato e qualche ufficio, tenere il presidente nell’angolo. In quei palazzi che sembrano ignorare ciò che sta fuori. Già, perché con Crocetta da tempo non sta più nemmeno la gente. In molti, anche tra i suoi sostenitori, lo hanno abbandonato, di fronte alla disillusione di quella rivoluzione mai compiuta. Come ha ammesso Antonio Malafarina. Uno di quelli che la rivoluzione aveva provato a guidarla dalle prime fila del Megafono. Il movimento del presidente che ha scaricato il presidente.
La precisazione del deputato Antonio Malafarina
“Io ero, resto e sarò un esponente del Megafono. E non metterò mai in discussione la mia lealtà nei confronti di Rosario Crocetta”. Lo precisa a Livesicilia il deputato regionale Antonio Malafarina. “La nostra nota di oggi rappresenta uno stimolo per riaprire una vera stagione di riforme. Bisogna intervenire rapidamente e abbiamo già individuato le priorità: il ddl ‘Sblocca Sicilia’, la semplificazione amministrativa e il federalismo sanitario. Quando ho dichiarato che non credo più alla rivoluzione, al progetto, intendevo riaffermare la necessità di tornare appunto, all’idea originaria, al progetto di partenza che si è fermato da troppo tempo. Il nostro è quindi un invito a ripartire”.
La nota del capogruppo del Megafono Giovanni Di Giacinto.
“Il Megafono non ha scaricato, non intende scaricare Rosario Crocetta e ribadisce il proprio appoggio al Presidente, come sempre è stato. Quanto riportato da Live Sicilia è semplicemente una parte di un intervento reso dai deputati, tanto è vero che oggi come ieri continuiamo a lavorare con il Presidente Crocetta, con l’auspicio che si attivino celermente tutti i meccanismi utili al percorso di riforme già avviato”.