I funerali del podista: "Papà, corri più veloce che puoi"

I funerali del podista: “Papà, corri più veloce che puoi”

I funerali di Angelo Falletta, morto a Terrasini mentre correva.

“Caro Papi, corri più veloce che puoi. Entravi a casa, correvi e ci abbracciavi. Noi continueremo ad amarti e tu non morirai mai”. Sotto il cielo di una mattina grigia di Palermo, con la pioggerellina che accompagna il funerale di un podista dal grande cuore, la lettera delle sue figlie porta il sole, all’improvviso, in chiesa. La legge uno dei fratelli di Angelo Falletta, che correva. Correva e abbracciava. Correva e amava. Correva e si batteva sul campo di calcetto. Correva per le strade, ovunque ci fosse da correre. Adesso, sembra fermo, in una bara, sormontata dai colori del Palermo, la sua immensa passione. Ma è solo una apparenza. Corri più veloce che puoi – è l’invito di chi rimane – perché tanta energia non può che avere l’infinito come orizzonte.

Funerali a Cruillas

Siamo a Cruillas nella ‘Parrocchia Maria Santissima del Rosario di Pompei’. Tutto il quartiere saluta Angelo, stroncato da un malore durante la maratonina di Terrasini. Ci sono tanti amici del podismo, del calcio a cinque. Tanti che l’avevano semplicemente incontrato e, per questo, gli volevano bene.

Don Vincenzo, nella sua omelia, riassume l’atrocità di uno sgomento: “Sappiamo che era attento, che si curava. Ma la Lettura ci avverte, non sappiamo quando dovremo lasciare la vita. E non dobbiamo avere lo spauracchio della morte, perché la vita è bella”. E’ un passo celebre del Vangelo di Luca: “Tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate”. Un brano potente che, con le parole del sacerdote, al tempo stesso, scuote e consola la comunità che si è raccolta. E’ vero, fa malissimo dirsi addio, dopo essersi salutati al mattino, senza sospetto di commiato. Però, in fondo, è la storia di tutti.

L’addio inaspettato

Fioriscono le memorie. Ognuno ha la sua. “Angelo e i suoi fratelli sono tifosissimi del Palermo – sorride, commosso, Vito Discrede, che un fratello l’ha perso perché ucciso e non ha ancora avuto giustizia -. Negli anni Ottanta andavano in giro, in tutti gli stadi, per seguire i rosanero, con un bandierone che gli avevo dato io. Persone perbene, affettuose, che vivono un lutto enorme”. “L’ho conosciuto nello studio del mio medico – racconta Ercole –. Un ragazzo speciale, buonissimo. Dava una mano a tutti, aiutava tutti, senza farsi pregare. Aveva un grande cuore”.

Quella mattina, sicuramente, Angelo Falletta si era svegliato con il cuore felice, perché chi ama correre vuole correre, ogni corsa è una festa. Aveva preparato l’equipaggiamento, da atleta scrupoloso qual era. Aveva benedetto, dentro di sé, la sua famiglia, con un pensiero grato. E non gli era passato per la testa di dovere dare l’ultimo bacio terreno alle persone che amava e che lo amavano. Poi, aveva messo il suo profilo magro contro il sole di una giornata che voleva essere luminosa. Ed era partito.

Adesso, pioviggina, a Cruillas, mentre il feretro sfila sulle spalle di chi non crede all’evidenza del suo stesso lutto. C’è uno striscione che trabocca di affetto: “Falletta uno di noi”. Corri più veloce, Angelo. Corri e non fermarti. Il vero amore non conosce addii. E non si ferma mai. (rp)


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