CATANIA – Emiliano Abramo ricorda i tragici fatti di Lampedusa. “Anche se l’Europa non può materialmente accogliere tutti non possiamo che alcuno sia spinto oltre la soglia della morte”. Con queste parole l’arcivescovo tedesco Reinhard Marx commentava i terribili fatti di Lampedusa, avvenuti quel tragico 3 ottobre del 2013 del quale oggi facciamo memoria. Sono proprio i fatti di quella notte che bisogna ricordare, quella che l’allora presidente del Consiglio Enrico Letta definì su twitter “una tragedia immensa”. Questa storia maledetta inizia l’uno ottobre 2013, giorno in cui un’imbarcazione di 66 piedi, circa 20 metri per i meno pratici, salpava dalla città libica di Misurata. Su quell’imbarcazione c’erano più di 500 persone, molti ammassate nella stiva, erano quasi tutti eritrei in fuga dalla terribile dittatura di Isaias Afewerki, una delle peggiori al mondo, che ha addirittura costretto la popolazione ad una leva militare schiavizzata che può durare tutta la vita. L’isola di Lampedusa era distante circa mezzo miglio e sembrava mostrare il suo dolce risveglio a tutti gli imbarcati, quando il capitano dell’imbarcazione, il tunisino Khaled Ben-Salam, assiste ad un incidente: un marinaio perde dalle mani la torcia accesa che raggiunge una pozza di gasolio presente sulla barca: è il fuocoammare, per dirla con Gianfranco Rosi.
La gente si agita, si spostano tutti da una parte della barca determinandone il capovolgimento e bagnandosi di mare e gasolio. Acqua, sale, olio, fumo e fuoco. Quella notte fu questa la ricetta della morte! Alcuni pescatori in mare si accorsero di quella tragedia e arrivarono prima dei soccorritori della Guardia Costiera, salvando vite umane. C’era anche il mio amico Costantino Baratta, muratore lampedusano con la passione per la pesca, eroe per caso che non smise quella notte di cercare tra quei corpi donne e uomini vivi. L’imbarcazione ha trascinato con sé molte vite fino a toccare il fondo di quel mare, raggiungendo il fondale ed adagiandosi a quota 47 metri di profondità, fatto che ha determinato molti giorni ancora di operazioni di ricerca. I sommozzatori termineranno il loro lavoro il 12 ottobre, consegnando i seguenti numeri: 155 superstiti di cui 41 minori, 368 morti di cui 360 eritrei e 8 etiopi, una ventina di dispersi. Tra le vittime c’erano anche 83 donne, 8 bambini ed un neonato. Che tragedia!
Papa Francesco esortò tutti dicendo “Pregate Dio per l’anima delle vittime del naufragio al largo delle coste di Lampedusa”. Tante furono anche le reazioni della politica italiana ed internazionale. Il Commissario europeo per gli Affari Interni Cecilia Malmstron commentò i fatti, dicendo: “Facciamo in modo che ciò che è accaduto a Lampedusa sia un campanello d’allarme per aumentare il sostegno e la solidarietà reciproca, e per evitare tragedie simili in futuro”. In Italia autorevoli furono le parole del Presidente Napolitano: “Provo vergogna ed orrore”, mentre il parlamento si affrettava ad indire una giornata di lutto nazionale. Ma alla gente non bastava, anzi sembrava infastidita da risposte che non sentiva adeguate. Il 9 ottobre l’allora Presidente del Consiglio Enrico Letta ed il Commissario dell’Unione Europea Barroso visitarono Lampedusa e videro i cadaveri coperti da teli colorati, depositati nell’hangar del piccolo aereoporto turistico dell’isola, accolti dal grido della gente “assassini!” e “vergogna!”. C’è rabbia a Lampedusa, rabbia e lutto.
L’Italia nel frattempo si preparava a dibattere nei mesi successivi, perdendosi tra chiacchiere e leggi paradossali, come quelle sull’immigrazione vigenti in quel momento che fecero inserire tutti i sopravvissuti nel registro degli indagati a causa del loro ingresso in clandestinità. Significativa fu anche la votazione al Senato che determinò l’istituzione della giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, votazione che mostrò alcune incertezze considerato che a fronte dei 143 voti favorevoli vi furono anche 9 voti contrari e 69 astenuti. Ma la reazione sicuramente più bella e nobile della nostra Italia fu Mare Nostrum, importante operazione della Marina Militare che ha consentito di salvare in un anno ben 160.000 vite umane e che verrà, senza non poche polemiche, sostituita da Triton regalando ben 30 miglia di mare alla morte. Ed oggi? Oggi il timore è che possiamo perdere la memoria, quella del 3 ottobre 2013, dei tanti 3 ottobre avvenuti nei tempi successivi, che hanno visto Papa Francesco più volte invitarci alla preghiera. Oggi cerchiamo un cuore ancora scosso dal fuocoammare e preghiamo per le tante vittime, ma anche per i tanti uomini vivi che in Libia sono nelle mani dei trafficanti, esposti alla violenza disumana del carcere. Preghiamo e basta, oggi la bocca riposa per ascoltare l’anima.