Anno giudiziario: "La mafia è strisciante e ha i suoi spazi"

Anno giudiziario: “La mafia è strisciante e ha i suoi spazi”

Così la presidente della Corte d'Appello Maria Grazia Vagliasindi nell'introdurre il tema criminalità organizzata
CALTANISSETTA
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CALTANISSETTA – “Una mafia strisciante che continua a conservare con prepotente arroganza i suoi spazi di intervento con capacità straordinarie di infiltrazione anche in altre regioni e all’estero”. Così la presidente della Corte d’Appello Maria Grazia Vagliasindi nell’introdurre il tema criminalità organizzata nei territori di Caltanissetta ed Enna, nella sua relazione illustrata in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario. “Nel territorio del Distretto, Cosa Nostra continua ad essere l’organizzazione mafiosa di principale riferimento – ha continuato la presidente della Corte d’Appello – dedita al controllo dell’economia legale (soprattutto nei settori degli appalti, spesso grazie alla complicità di propri referenti inseriti negli apparati amministrativi locali, del traffico di rifiuti, dell’edilizia e dell’agricoltura), oltre che dei settori del gioco e delle scommesse, del traffico degli stupefacenti, dell’illecito sfruttamento dei siti minerari, evidenziando, altresì, straordinarie capacità di infiltrazione anche nei territori di altre regioni (soprattutto in Liguria, Toscana, Piemonte e, recentemente, nel Lazio ed in Lombardia) oltre che all’estero (ad es. in Germania), ove risultano stabilmente radicati soggetti criminali, di origine nissena ed ennese, che mantengono organici rapporti con le famiglie mafiose di origine”.

Secondo quanto riferito dalla presidente della Corte d’Appello il traffico di sostanze stupefacenti e l’attività estorsiva continuano a essere tra le “forme più diffuse di controllo mafioso del territorio che vedono coinvolta, oltre a ‘cosa nostra, anche la ‘stidda’, la concorrente organizzazione mafiosa che opera in modo prevalente nella zona meridionale della provincia di Caltanissetta (mandamento di Gela). Momento di fibrillazione costituiscono, infine – dice ancora Vagliasindi – le tornate elettorali e ciò per la puntuale “messa a disposizione” di pacchetti di voti in favore di candidati “vicini” alle famiglie mafiose, con l’evidente finalità di indirizzare le future scelte delle amministrazioni locali”.

Grazie “al procuratore Salvatore De Luca per l’impegno e la determinazione con cui sta guidando la Procura in una monumentale attività d’indagine che oggi, pur a distanza di tanto tempo, vuole fortemente far luce sugli scenari di anni e aspetti che, ancora oggi, appaiono avvolti da una nebbia malefica”. Così il Pg di Caltanissetta, Antonino Patti, all’inaugurazione dell’Anno giudiziario sulle inchieste sulle stragi di via D’Amelio e Capaci sottolineando “lo spirito di abnegazione di tutti quei magistrati che stanno lavorando, con passione e a tempo pieno, sacrificando vita privata ed esponendosi a pericolo per la loro incolumità”.

“Il recente straordinario risultato ottenuto dallo Stato con l’arresto, dopo 30 anni di ricerche, di un importante latitante dell’ala corleonese di Cosa nostra, non deve farci peccare di facile ottimismo, poiché il pericolo di ripiombare nelle preoccupazioni di un periodo storico che, a torto, da parte di qualcuno, si crede ormai alle spalle, è in realtà sempre presente”. Lo ha affermato procuratore generale facente funzioni di Caltanissetta Antonino Patti, nel suo intervento in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, in riferimento all’arresto di Matteo Messina Denaro. Patti ha ricordato che lo storico capomafia è imputato a Caltanissetta come mandante delle stragi di via D’Amelio e Capaci davanti alla Corte d’assise d’appello dopo la condanna all’ergastolo in primo grado. Nel corso del processo, ha ricostruito Patti, “sono state minuziosamente analizzate le varie articolazioni territoriali dell’organizzazione Cosa nostra, i rapporti tra le province mafiose nonché i collegamenti di queste con altre organizzazioni criminali, ricostruendo l’ascesa al vertice di Cosa nostra siciliana di Messina Denaro. In particolare, il suo strettissimo rapporto con Riina del quale è stato pupillo e fedele collaboratore tanto da essere destinato, per volontà di questi, a succedergli nel ruolo di capo assoluto di Cosa nostra. Tematica di particolare interesse che – ha aggiunto – emerge dall’istruzione probatoria è stata quella del ruolo, già di primissimo piano, del Messina Denaro negli anni della stagione stragista. E’ stato accertato, infatti, che egli capeggiò il sestetto di uomini d’onore, tra i quali anche Giuseppe Graviano, che nel febbraio del 1992 fu mandato a Roma da Salvatore Riina per cercare Giovanni Falcone ed attentare alla sua vita”. (ANSA).

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