PALERMO – La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza della Corte d’Appello di Palermo che aveva riconosciuto a Bruno Contrada 667 mila euro come riparazione per ingiusta detenzione.
“Aspettiamo di leggere le motivazioni per un esame più approfondito, ma è evidente fin d’ora che la Corte di legittimità non ha dato esecuzione alla sentenza di Strasburgo, secondo cui il dottore Contrada non andava né processato, né condannato – spiega il legale, l’avvocato Stefano Giordano – Ora la palla passa nuovamente alla Corte d’Appello palermitana. Ma comunque andrà a finire la vicenda è probabile che il dottore Contrada non vedrà mai un centesimo di quanto gli spetta, considerate la sua età e le sue condizioni di salute e la lunghezza dei tempi processuali”.
Il maxi risarcimento dell’ex numero due del Sisde, condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, fu deciso lo scorso aprile. La condanna dell’ex poliziotto venne giudicata illegittima dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Cassazione. La difesa chiedeva tre milioni di euro.
Nel 2017 i supremi giudici – in ottemperanza di quanto statuito dalla Corte europea due anni prima nel 2015 – dichiararono “ineseguibile e improduttiva di effetti” la sentenza della Corte d’Appello di Palermo che condannò Contrada a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Contrada, per anni poliziotto in prima linea contro la mafia a Palermo, venne arrestato con l’accusa di concorso in associazione mafiosa il 24 dicembre del 1992. In primo grado fu condannato a 10 anni, ma la sentenza fu ribaltata in appello e il funzionario venne assolto. L’ennesimo colpo di scena ci fu in Cassazione, quando l’assoluzione fu annullata con rinvio e il processo tornò alla corte d’appello di Palermo che, il 25 febbraio del 2006, confermò la condanna a 10 anni. La sentenza divenne definitiva nel 2007. Bruno Contrada, che aveva subito una lunga custodia cautelare in carcere, tornò in cella.
Il funzionario, tra il carcere e i domiciliari per motivi di salute, ha scontato tutta la pena. Nel 2015, però, i giudici europei condannarono l’Italia a risarcire il poliziotto, nel frattempo sospeso anche dalla pensione, ritenendo che Contrada non dovesse essere né processato né condannato perché all’epoca dei fatti a lui contestati (1979-1988) il reato di concorso in associazione mafiosa, non “era sufficientemente chiaro”.
I giudici di Strasburgo diedero ragione all’avvocato Giordano, affermando che i Tribunali nazionali, nel condannarlo, non hanno rispettato i principi di “non retroattività e di prevedibilità della legge penale”.