L’omicidio del direttore della Posta: 16 anni dopo, è causa allo Stato

L’omicidio del direttore della Posta: 16 anni dopo, è causa allo Stato

Chiesto oltre 1 milione di euro

ENNA – Sono passati quasi diciassette anni dal 24 aprile 2007. Quel terribile pomeriggio il direttore della Posta di Nissoria fu ucciso a colpi di pistola, e il corpo gettato in una discarica, dall’operaio assassino Angelo Longo. La vittima, che viveva nel capoluogo ennese, si chiamava Carmelo Gargano. Non aveva nessuna colpa. La sua famiglia ha intentato un’azione risarcitoria nei confronti della presidenza del Consiglio dei ministri. E la causa adesso va in decisione. Deciderà il Tribunale civile di Caltanissetta.

Il delitto

Longo uccise il direttore sparandogli in macchina, dopo avergli chiesto un chiarimento su alcuni pettegolezzi, falsi e privi di fondamento, che riguardavano il direttore. Gargano era un uomo integerrimo, marito e padre esemplare, come ricordò la sua famiglia nell’epitaffio, il giorno dei funerali. Ora la famiglia fa causa allo Stato italiano, perchè non ha creato un adeguato meccanismo a tutela delle famiglie di “vittime di reati intenzionali e violenti”.

L’assassino, poi condannato in via definitiva, è quasi un nullatenente e non può permettersi di pagare un risarcimento. A pagare deve essere lo Stato: oltre un milione di euro da corrispondere a moglie e figli di Gargano, ma anche ad altri parenti e affini della vittima. La famiglia del direttore è assistita dagli avvocati Francesco e Antonio Impellizzeri. La Presidenza del Consiglio dei Ministri si è costituita tramite l’Avvocatura dello Stato. Ma dalla costituzione sono passati quasi dieci anni. Poi il cambio di giudici, questioni tecniche, la sospensione per il Covid. E sono passati gli anni.

La difesa

“La Corte europea per i diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano per non aver varato una legge che preveda un risarcimento alle vittime dei delitti  – ha spiegato l’avvocato Antonio Impellizzeri, annunciando l’azione -. I risarcimenti dello Stato alle vittime incolpevoli sono previste per i delitti di mafia e del terrorismo, ma non nel caso in cui un uomo sia vittima incolpevole di un assassino che non può pagare un risarcimento perché non ha beni aggredibili”.

Reo confesso, l’assassino Longo è stato condannato a 18 anni. Riferì di aver sparato nel corso di una colluttazione in macchina. “Quanto alla responsabilità di Longo sia da un punto di vista penale e civile non vi sono dubbi – ha scritto l’avvocato Francesco Impellizzeri nell’atto di citazione -. Questi, essendo stato ritenuto penalmente responsabile della morte violenta di Gargano, è certamente tenuto anche al risarcimento dei danni”.

“Longo, tuttavia, in quanto detenuto non svolge alcuna attività lavorativa e come tale non è titolare di alcuna fonte di reddito. Lo stesso non è titolare di beni immobili o mobili registrati di valore tale da consentirgli un soddisfacimento anche solo parziale delle somme liquidate a titolo di provvisionale in seno alla sentenza di condanna”.

La direttiva

Ma cosa dice la direttiva comunitaria del 2004? “Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo e adeguato alle vittime”. Questa, in pratica, è la fonte del diritto. Ma in Italia, in assenza di una legislazione, si deve passare da un Tribunale. 

Le notizie della provincia di Enna.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI