TERMINI IMERESE – L’appalto è fermo e i ladri ne approfittano. È di qualche giorno fa la notizia di un’incursione nel cantiere per la costruzione dell’Istituto Tecnico per geometri Stenio di Termini Imerese. Tre malviventi hanno cercato di rubare i ponteggi, dopo avere danneggiato la recinzione. Sull’episodio indagano i carabinieri.
La cronaca riporta all’attenzione la storia di un appalto tormentato. I lavori furono sospesi dalla stazione appaltante, l’allora provincia regionale di Palermo, per sanare le carenze progettuali fatte emergere dall’impresa, la Cosedil. Serviva una perizia di variante che la stazione appaltante non ha provveduto a stilarenonostante le sollecitazioni dell’impresa; quasi certamente a causa del collasso economico della Provincia regionale di Palermo che sta emergendo in questi giorni in tutta la sua drammaticità.
La mancata risoluzione dei problemi dell’appalto da parte della ex Provincia di Palermo ha indotto l’impresa a rivolgersi ad un collegio arbitrale per definire la controversia in tempi certamente più brevi rispetto a quelli biblici di un normale processo civile. Poche settimane fa, però, l’attuale Commissario Straordinario dell’Ente ha negato il proprio consenso all’arbitrato. Risultato: il cantiere per la scuola resta bloccato e i ladri ne approfittano.
LA REPLICA DELLA EX PROVINCIA
Il Commissario della Città Metropolitana di Palermo, Manlio Munafò, interviene con una nota sulla vicenda “Setnio” di Termini Imerese al fine di “riportare l’informazione nell’alveo della veridicità”. “L’Amministrazione Provinciale ha da tempo proposto una variante alla ditta esecutrice, che, malgrado fosse suo preciso obbligo contrattuale, non la ha mai accettata – si legge nella nota – Ovviamente tale variante affronta le criticità appalesatasi in corso d’opera nei limiti delle opere strettamente indispensabili. Impostazione che riduce in maniera drastica le esose pretese dell’appaltatore che ha accumulato notevoli ritardi rispetto ai tempi contrattuali previsti, con la conseguente applicazione di pesanti penali pecuniarie. Di fronte al sostanziale immobilismo dell’appaltatore la ex Provincia, dopo aver saggiato con numerose riunioni le effettive intenzioni della Ditta esecutrice, ha avviato le procedure per la rescissione del contratto in danno. In merito all’arbitrato, che con le modifiche introdotte al Codice dei Contratti oggi non è più un obbligo per le stazioni appaltanti, la Città Metropolitana non ha aderito a tale procedura, rimandando eventuali contenziosi al Giudice ordinario. Su tale posizione l’Amministrazione è stata confortata da una favorevole pronuncia del Tribunale di Palermo. Infine non esiste alcun problema correlato alla situazione finanziaria della Città metropolitana: i lavori fruiscono di un finanziamento ad oggi ancora interamente disponibile, fatto che permetterebbe di completare in tempi rapidi la costruzione della scuola da consegnare alla didattica ed agli studenti per migliorare le loro condizioni di studio. Sembra di rivedere un film ambientato nella Prima Repubblica – conclude il Commissario – in cui con varianti spropositate, disapplicazioni di penali e superamento delle previste procedure giudiziarie per risolvere il contenzioso, le Ditte appaltatrici tentano di fare divenire ogni appalto di opera pubblica un lucroso affare”.
LA NOTA DELL’UFFICIO LEGALE DELL’IMPRESA
Le affermazioni del Commissario della Città Metropolitana di Palermo sono tanto gravi quanto inveritiere e meritano una breve replica, anche se non è il comunicato stampa la sede più appropriata per trattare argomenti che a breve saranno attentamente vagliati dalla magistratura.
Dopo anni di paziente (e costosissima) attesa l’impresa si è vista costretta ad avviare il giudizio arbitrale (espressamente previsto dal contratto) per far valere le proprie ragioni. La ex Provincia ha ritenuto di non accettare l’arbitrato che essa stessa aveva inserito in contratto e l’impresa sta quindi avviando il giudizio ordinario davanti al Tribunale di Palermo.
Il tema del contendere è semplice: la stazione appaltante ha sospeso i lavori da oltre due anni e mezzo per tentare (invano) di sanare con una perizia di variante postuma le carenze progettuali. Tale grave comportamento ha evidentemente determinato in capo all’impresa rilevanti oneri economici, puntualmente richiesti nelle riserve.
In una riunione dell’ottobre scorso, la ex Provincia ha comunicato che sarebbe stata disponibile ad adottare la variante necessaria per la ripresa dei lavori (non descrivendo neanche i contenuti di tale variante) a patto che l’impresa accettasse per la definizione di tutte le riserve un importo assolutamente incongruo a ristorare i rilevantissimi oneri subiti nel periodo di stallo del cantiere.
Quindi la stazione appaltante ha palesemente violato le regole di trasparenza dei contratti pubblici, sia non comunicando all’impresa i contenuti della ipotetica variante preannunciata, sia pretendendo di costringerla, a fronte di tale variante, a rinunciare alla gran parte delle riserve regolarmente iscritte dall’impresa. Ci pare che questo sia un comportamento da “prima repubblica”, non di certo la richiesta dell’impresa di far decidere ad un giudice la controversia.