Che si tratti di arancini catanesi, di post del suo cerchio magico, con il mitra in evidenza, o di Venticinque Aprile, il finale di partita è scontato: Matteo Salvini spacca in due la notizia. Al suo apparire, per un effetto calcolato di marketing politico, l’opinione pubblica si divide come il Mar Rosso (Signor ministro, non si offenda, davvero rosso è. Mica provoca…).
Così, fatalmente, anche la visita di oggi a Corleone, per auspicare la scomparsa della Piovra, in una terra dispensatrice di cartoline e tragedie – arancini o mafia? – ha generato un risaputo clangore di stoviglie in frantumi.
La parte sinistra vede nell’evento un sulfureo stratagemma per sminuire la celebrazione della Resistenza e della Liberazione. La parte destra plaude al fatto in sé, cogliendo una venatura anti-partigiana, la messa in discussione di simboli e concetti che parevano infrangibili. Si chiacchiera, si ri-chiacchiera, nei bar, a tavola, tra familiari. Un traguardo apprezzatissimo dal Matteo padano: comunque vada, al centro della scena c’è lui, protagonista svettante e incontrastato nella sceneggiatura del ‘basta che si parli di me…’. Ne parlano pure, qui, alcuni corleonesi noti, ideologicamente orientati e schietti, con accenti che presentano più di una sfumatura.
“E’ la solita passerella sterile – dice Marilena Bagarella, conosciuta per il suo impegno nel sociale -. Mi pare una strumentalizzazione delle peggiori, una sovrapposizione indebita di significati. Oltretutto, la gente è infastidita perché capisce che non siamo davanti a un’iniziativa seria. Corleone è un ottimo palcoscenico per la propaganda, purtroppo. Ma poi dei veri problemi del territorio nessuno si ricorda mai”.
“Che un ministro venga a inaugurare un presidio delle forze dell’ordine e a commemorare le vittime di Cosa nostra è un’azione positiva – dice Pippo Cipriani, ex sindaco di sinistra -. Sarebbe magnifico se il ministro dell’Interno tornasse a confrontarsi, lontano dalla campagna elettorale, su altri temi caldi. Quali? Penso all’accoglienza dei migranti che, in Sicilia, è una questione spinosa, alla libertà di circolazione delle armi, ai diritti civili. Magari scoprirebbe che c’è chi non ha le sue stesse idee”.
Ma davvero Corleone – Salvini o non Salvini – è il set naturale di ogni retorica. Bastano una coppola e un ficondindia e, oplà, il gioco è fatto.
Dino Paternostro, altra figura storica di sinistra, è diretto: “Salvini ha sbagliato posto per alimentare le sue polemiche, questa è la terra di Placido Rizzotto. Mi pare che i cittadini siano freddi davanti a una esibizione, sì, chiaramente strumentale”.
“Credo che questa visita sia molto positiva – dice, invece, il sindaco Nicolò Nicolosi – a prescindere dalle scaramucce che riguardano soprattutto aspetti ideologici. Il ministro Salvini ha chiarito che lui vuole garantire presente e futuro, categorie che per noi sono essenziali. La mafia è stata largamente debellata, ma lo sviluppo è rimasto indietro. Abbiamo visto, per fortuna, la presenza dello Stato nella lotta, ora occorre che ci sia nella progettazione. Siamo contenti che siete qui, ecco cosa vorrei dire, adesso aiutateci”.
La chiosa è di Nino Iannazzo, ex primo cittadino di centrodestra: “Francamente, potevano pensarla in modo diverso. Se lui viene qui per quello che ha detto, ci sta, va benissimo. Ma se viene soltanto per non andare da un’altra parte…”.
E in fondo ai puntini di sospensione si scorge il mistero doloroso di sempre, che sia espresso o taciuto: riuscirà mai Corleone a essere un luogo di case, vie, sentimenti, destini e persone, come gli altri? E chissà che questa nostra terra tutta intera non possa approdare ad altro, un giorno, che non sia il beffardo dilemma fra cartolina e tragedia. Arancini o mafia?