L’inchiesta per mafia è stata archiviata. Salvatore Mandarano sa bene di essere stato per mesi uno dei professionisti più chiacchierati di Palermo. Si lascia alle spalle quello che definisce “un calvario che ha minato la sua dignità e il suo lavoro”, e accetta di parlare in una lunga intervista che sarà pubblicata sul numero di “S” da domani in edicola (e già acquistabile online attraverso questa pagina). Non ha mai smesso di avere fiducia nella giustizia, certo che attraverso il suo legale, l’avvocato Nico Riccobene, sarebbe riuscito a uscirne fuori. Pulito.
Così è stato. Di lui, che in via Resuttana possiede uno degli studi più richiesti della città, si parlava nei pizzini di Salvatore Lo Piccolo. Poi, i pentiti ne decantarono le doti professionali. Professionali, appunto. Nulla di più. Mandarano dice di essere semplicemente uno dei più bravi ingegneri della città. Ed è per questo che si è attirato l’invidia di molti. Un’intervista verità in cui Mandarano ricostruisce le vicende di cui è stato protagonista, finalmente togliendo il velo del riserbo investigativo. Racconta di quando il boss Nino Cinà si presentò nel suo studio e a poco a poco tentò di condizionare i suoi affari. Racconta del pizzo pagato ai mafiosi di Carini. Racconta di chi tra i colleghi gli ha messo i bastoni fra le ruote, del costruttore Rizzacasa e dell’affare di Tommaso Natale, del capomafia Vincenzo Pipitone, delle microspie nel suo studio e delle tangenti al Comune di Palermo.
Per l'indagine sull'ingegnere più chiacchierato di Palermo è arrivata la parola fine. E adesso il professionista mostra il suo volto e racconta la sua verità a "S": "Io, i boss e il pizzo, ecco quel che so"
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