PALERMO – Assolto e ora risarcito per ingiusta detenzione. La Corte di appello ha riconosciuto un risarcimento danni di trentaseimila euro all’avvocato Fabio Tringali. Il civilista rimase una settimana in carcere e quattro mesi agli arresti domiciliari. Infine fu assolto in primo grado con la formula “perché il fatto non sussiste” e la procura non fece neppure ricorso.
Tringali era accusato di riduzione in schiavitù. Secondo gli inquirenti, il legale avrebbe segregato un giovane indiano che lavorava come contadino nella sua campagna a Partinico, in provincia di Palermo, e l’avrebbe costretto a vivere in condizioni di degrado. L’immigrato raccontò di essere riuscito a scappare dopo cinque mesi di prigionia dalla tenuta in contrada Coda di Volpe, dove era stato segregato.
Il legale della difesa, l’avvocato Mario Bellavista (nella foto), ha sempre bollato come false e infamanti le le accuse. E i giudici gli hanno dato ragione. L’accusa è crollata. Nei giorni scorsi sono finiti ai domiciliari Vito e Salvatore Abbate, rispettivamente di 72 e 43 anni, padre e figlio, per furto ed estorsione. Secondo l’accusa, avevano preso di mira proprio l’avvocato Tringali con l’obiettivo di sottrargli un terreno. I due Abbate furono testimoni dell’accusa nel processo in cui Tringali era imputato e nel quale è stato assolto.