Inchieste, ombre e sospetti | Le trame della giustizia - Live Sicilia

Inchieste, ombre e sospetti | Le trame della giustizia

La sede del Cga siciliano a Palermo

I Tribunali amministrativi nelle mani delle lobby grazie alla complicità dei magistrati.

DA SIRACUSA A ROMA
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4 min di lettura

PALERMO – Da Siracusa a Roma. Dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Sicilia al Consiglio di Stato. A leggere le cronache recenti esisteva una cricca capace di pilotare sentenze e arbitrati. Un potere di condizionamento offerto a facoltosi clienti.

Che la giustizia amministrativa non vivesse una stagione di trasparenza era emerso in altre inchieste precedenti a quelle delle Procure di Messina e Roma che la scorsa settimana hanno portato all’arresto di quindici persone, tra cui gli avvocati siracusani Piero Amara e Giuseppe Calafiore. Nelle carte delle due indagini vengono fuori nomi già noti.

Ad esempio quello di Raffaele De Lipsis, ex presidente del Cga siciliano sotto inchiesta perché avrebbe cercato di esercitare pressioni sul suo successore, Claudio Zucchelli, non indagato, affinché emettesse una sentenza favorevole alla Ustica Lines dell’armatore trapanese Ettore Morace. Il ricorso di Morace ai giudici amministrativi era contro la decisione del Tar che aveva bloccato l’appalto per i collegamenti con le isole minori. Il nome del magistrato risulta pure nell’elenco dei settanta indagati dello scandalo di “Girgenti Acque”. Un’inchiesta dai contorni poco chiari in cui si ipotizzano, a vario titolo, favori e corruzioni.

Sempre De Lipsis viene fuori nel ricorso per le cosiddette elezioni suppletive nel Siracusano. C’è un’inchiesta aperta e non archiviata dal Gip di Palermo Roberto Riggio, secondo cui, come ha scritto Livesicilia nel maggio scorso, ci sono ancora tante cose da chiarire. De Lipsis presiedeva il collegio del Cga che nel 2014 accolse il ricorso dell’onorevole Giuseppe Gennuso. Fu invalidato il voto in alcune sezioni elettorali di Rosolini e Pachino dove sarebbero spartite delle schede. Diverse persone, prima ancora che la sentenza venisse pubblicata, fecero sapere a Gennuso che era “tutto a posto”. Avevano saputo dall’avvocato Piero Amara dell’esito positivo della causa. C’era pure chi diceva: “… gli hanno fottuto i soldi, i giudici… questo scherzetto gli è costato 200 mila euro”. Si parlava di sentenze comprate?

De Lipsis aveva capito che tirava una brutta aria. “Come atto dovuto forse hanno messo sotto controllo per gli ultimi sei mesi, mi hanno detto, adesso non starebbero più…”, diceva a Zucchelli. Il dialogo captato iniziava con un passaggio poco chiaro. “Io sospesi le elezioni in alcuni seggi, l’elezione di coso, della lista di Lombardo”, spiegava De Lipsis. Zucchelli sembrava correggerlo: “Di Crocetta?”. E De Lipsis proseguiva: “Di Crocetta, in alcuni seggi”. Forse degli esposti avevano fatto scattare delle indagini: “Questo è l’indizio che c’ho, però io dico non lo so, fammi sentire magari a Claudio glielo voglio dire, questo pure da bonificare”. Zucchelli non sembrava particolarmente interessato all’argomento: “Ma guarda io questa cosa fra l’altro non mi ricordo nemmeno chi me l’abbia detta, mi dissero ormai l’anno scorso… io non mi sono affatto preoccupato, innanzitutto perché ovviamente non ho niente da… e avevo pensato anche alla bonifica secondo me in realtà il rimedio è peggiore del male…”.

I due interlocutori mostravano di conoscere l’esistenza di un’indagine: “Lì è sempre stata una situazione che sono partiti, là tutti quanti hanno avuto qualche esposto… però da quello che so sarebbe scaduta, quindi come dire sarebbe pulito, però voglio dire, adesso glielo dico a Claudio poi se lo vede lui quello che vuole, è giusto, una notizia no…”. Zucchelli sapeva con certezza che “per tutto il periodo in cui sono stato a Palazzo Chigi e anche per l’annetto successivo, i miei telefonini sono sempre stati intercettati… lo so per certo”. Zucchelli dal 2001 al 2006 è stato capo dipartimento Affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio dei ministri. In realtà era finito sotto osservazione un altro periodo, molto più recente, come si è scoperta pochi giorni fa con il blitz delle procure di Messina e Roma.

Un filone investigativo si collega all’indagine su Consip che coinvolge anche il padre dell’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Nel corso dell’inchiesta sono emersi rapporti tra gli avvocati Amara e Calafiore e l’ex presidente del Consiglio di Stato, Riccardo Virgilio (ora indagato, è stata respinta la richiesta di una misura cautelare non detentiva). Virgilio per anni è stato alla guida del Consiglio di giustizia amministrativo della Sicilia. Fra le sentenze sotto osservazione c’è quella che diede ragione alla Sai8, società che gestiva il servizio idrico, nel ricorso contro l’amministrazione comunale che chiedeva la revoca del contratto. Presidente del collegio era Virgilio, avvocato della Sai8 era Amara.

Un paio di anni fa, quando esplose lo scandalo delle Misure di prevenzione, nei nastri delle intercettazioni restò impressa l’organizzazione di una cena fra l’ex presidente Silvana Saguto, l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo – entrambi sotto processo a Caltanissetta – e un consigliere del Cga. Quest’ultimo avrebbe dovuto interessarsi all’esito di un ricorso presentato dall’amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara. Un ricorso che andrà comunque male, ma il fatto che se ne parlasse dimostrerebbe la diffusa convinzione della permeabilità della giustizia amministrativa.

A Siracusa si erano inventati un metodo. Con la complicità del pubblico ministero Giancarlo Longo venivano aperti dei fascicoli spia che servivano spesso per carpire notizie su altre indagini, ma anche per affidare consulenze a professionisti “amici” poi travasate dal settore penale a quello amministrativo. Anche in questa maniera si condizionavano le sentenze che sbloccavano appalti. Di fatto la giustizia amministrativa è diventato il vero “ente appaltante” con il potere di decisione su cantieri milionari.

 


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