Prima e dopo l’epilogo di uno dei dibattiti più grotteschi dell’Ars, con la manovra mutilata, tanti sono apparsi al proscenio per emendarsi dal peccato e attribuire la colpa a qualcun altro. Un capolavoro di surrealismo.
E così: alcuni esponenti della maggioranza hanno giurato lealtà, trovandosi nel mirino di chi li accusava di nascondere il voto biforcuto, nonché segreto. Altri hanno attaccato gli esponenti dell”opposizione cattiva’ (che fa l’opposizione).
Il braccio di ferro
Dal canto loro, gli oppositori hanno messo in croce il governo, attribuendosi una gloria un po’ eccessiva. Ed era uno spettacolo nello show osservare la gestualità accorata, ascoltare le parole appassionate di questo o quello. Non si negava il Titanic parlamentare, dopo lo schianto con l’iceberg del pulsantino in incognito. Semplicemente si diceva: ragazzi, al timone non c’ero io.
E’ andata in scena una prova di forza, a Palazzo dei Normanni, cercata da tutti gli attori politici in causa, nessuno escluso. Ecco, invero, la semplicissima realtà. Un braccio di ferro, costasse quel che costasse.
E allora sarebbe stato più onesto ammetterlo. Sarebbe stato un atto di pulizia riconoscerlo. Dicendo, per esempio: “Io, politico X, ho giocato esclusivamente per fare vincere la mia squadra o per farla perdere… “.
I guai del centrodestra
Esistono problemi evidentissimi. Il più lampante risiede nella mancata tenuta della maggioranza che sostiene la giunta Schifani. Una comunità lacerata, passando per Fratelli d’Italia, sfiorando i Lombardiani in servizio permanente effettivo, senza dimenticare lo stesso partito del presidente, cioè Forza Italia.
Vedremo come andrà il vertice di maggioranza previsto per lunedì. “Mi chiamano diesel. Ho scoperto che è il mio nomignolo, me lo ha detto un medico – ha detto ieri il presidente della Regione -. Bisogna andare avanti. È dura ma lavoriamo, certe volte mi stanco, ma quando uno vuole va avanti, come un diesel appunto. Sono sereno e pacato”.
Intanto, malumori, calcoli, voci contrapposte della contabilità politica, visioni reciprocamente acerrime, mentre si avvicinano le elezioni, hanno toccato il culmine. La frattura si staglia visibilissima. L’immagine del centrodestra siciliano non può considerarsi edificante. Ma poi c’è ‘la sintesi, il succo del discorso’, perfino oltre.
La Sicilia vista dalla luna…
Osservando l’andamento dei lavori parlamentari trascorsi, i passaggi intermedi, magari tra un intervento e l’altro, si coglieva, infatti, un clima di compagnoneria, di militanza scambievole, tra i protagonisti (nessuno escluso). Bene. Sempre è auspicabile la concordia umana tra esponenti di idee differenti, ai margini della pugna.
Tuttavia, sembrava – almeno a chi scrive – di cogliere qualcosa di più tra sussurri e movimenti. Un massimo comune denominatore. La leggerezza di una scolaresca in gita tra rovine archeologiche. L’atarassia di un conglomerato di extraterrestri sbarcati in Sicilia da una luna ignota. Si percepiva una certa distanza, in quell’aristocrazia di censo, per le esigenze di noi comuni mortali.
Chissà se è appena una impressione o una suggestione, maggiormente percepita nell’attimo, pungente a ogni appuntamento. Lo scriviamo con il massimo rispetto per l’istituzione, senza rinunciare a un orizzonte di interesse generale, con una somma algebrica critica fra i due termini.
Forse era l’insieme. Forse singolarmente sarebbe stato diverso. Però, la Sicilia, in quella sala di stucchi e prebende, aveva le sembianze sfocate di un punticino lontano. Pareva (la povera Sicilia) una terra disgraziatissima, vista dalla luna.
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