PALERMO – Incarichi e nomine di esterni, tutti per chiamata diretta, costati un milione di euro alle casse della Provincia di Palermo e ora bollati come illegittimi dalla Corte dei Conti. Risultato: il presidente Giovanni Avanti dovrà pagare di tasca propria i soldi spesi da Palazzo Comitini. E’ arrivata la sentenza di condanna per danno erariale. Una condanna di primo grado che potrà essere e sarà certamente appellata da Avanti.
L’indagine contabile ha riguardato le nomine alla segretaria particolare del presidente. Dieci assunzioni per chiamata diretta avvenuta tra il 2008 e il 2009. A beneficiarne sono sempre stati soggetti esterni all’amministrazione: Giuseppe Notaro, Riccardo Sanlorenzo, Marcella Santoro, Serena Guiglia, Giovanni Sammartino, Sabrina Lo Conte, Marta Cusimano, Giacomo Campanella, Renata Poli e Federica Pezzano.
A fare le pulci ai conti della Provincia di Palermo è stata la Procura regionale della Corte dei Conti. Secondo il pubblico ministero Gianluca Albo, tutte le nomine sarebbero state illegittime in virtù del regolamento che stabiliva e stabilisce che per gli incarichi nella segretaria particolare del presidente bisogna selezionare personale interno. Gli incarichi sono stati definiti dall’accusa “seriali, generici e privi di qualsiasi giustificazione idonea ad impegnare le risorse necessarie per retribuire i soggetti esterni”. Non solo: nomine e proroghe non sarebbero state precedute da una concreta verifica di utilità. L’oggetto dell’incarico, secondo il pm Albo, era “evanescente”. Non si capiva, insomma, quale fosse in concreto l’attività che gli esterni erano chiamati a svolgere. Nel provvedimento di costituzione dell’Ufficio era prevista la chiamata diretta di un capo e due segretari. Ed invece poi gli impiegati lievitarono a dieci unità. Da qui l’accusa mossa ad Avanti di avere messo in atto una “condotta gravemente colposa, in quanto contraria alle regole di buon senso gestionale, e ai principi di efficacia ed economicità della pubblica amministrazione”.
Il presidente della Provincia si è difeso sostenendo che i dieci assunti erano solo formalmente destinati alla sua segreteria, ma di fatto erano stati utilizzati dai vari assessori per attuare il programma politico- amministrativo. Ed ancora, la costituzione dell’ufficio di segreteria e le relative assunzioni di esterni erano previste da un regolamento della Giunta. Giustificazioni che però non hanno convinto la Corte, presieduta da Tommaso Brancato, che ha accolto le tesi della procura regionale sul solco dell’orientamento tracciato negli ultimi anni che ha portato alla condanna di diversi amministratori. Avanti dovrà sborsare, se la sentenza diventerà definitiva, un milione di euro. Tanto quanto sono costati tutti i dipendenti da lui chiamati. Tutti, tranne Notaro. I 213 mila euro percepiti dal capi della segreteria sono gli unici spesi, secondo l’accusa, legittimamente.