L'attentato e i boss palermitani | Armi lungo l'asse Balcani-Sicilia - Live Sicilia

L’attentato e i boss palermitani | Armi lungo l’asse Balcani-Sicilia

Il bar New Dream gestito da Giuseppe Giangrosso

Dal Kosovo al mandamento mafioso di San Lorenzo. Tutto ruota intorno alla figura di un ex cestista.

PALERMO – C’è un’inchiesta della Procura che prosegue in gran segreto. Ed è quella che si concentra sui legami fra il macedone Fatmir Ljatifi e alcuni esponenti di Cosa nostra.

Da un sanguinoso attentato terroristico in Kosovo alla mafia palermitana: due contesti distanti che trovano un punto di incontro nella figura di Ljatifi, ex cestista costretto sulla sedie a rotelle. Nei primi anni Duemila il macedone si è trasferito a vivere a Bolognetta, paesino dell’entroterra palermitano, dopo essere rimasto ferito in un conflitto a fuoco fra bande del Nord Italia. E da qui che avrebbe venduto armi ai combattenti del Nuovo Uck, ma anche ai clan mafiosi palermitani. In particolare a quelli del mandamento di San Lorenzo.

Ljatifi, secondo i pubblici ministeri e i carabinieri del Nucleo informativo dei carabinieri di Palermo, in Macedonia avrebbe nascosto armi da guerra – kalashnikov e bombe – in parte rivendute a un combattente ricercato dalle autorità macedoni perché ha partecipato alla strage di Kumanovo nel 2015. Il Nuovo Uck, gruppo estremista dell’indipendentismo albanese, si è avvicinato a posizioni jihadiste e combatte con l’appoggio di una minoranza della popolazione per avere la meglio sulla maggioranza slavo-ortodossa. I morti furono 22 morti, otto poliziotti macedoni e 14 componenti del gruppo, nel corso di un conflitto a fuoco alla frontiera fra Serbia e Kosovo.

Questa parte dell’indagine è emersa ieri dalle carte del blitz coordinato dal procuratore aggiunto Marzia Sabella, e dai sostituti Calogero Ferrara, Carlo Marzella e Giorgia Spiri. C’è, però, un capitolo riservato dell’inchiesta che svela i contatti fra Ljatifi e personaggi di Cosa nostra. E qui entrerebbe in gioco Giuseppe Giangrosso, pure lui arrestato ieri, ufficialmente gestore di un bar nella zona di Altarello, che avrebbe partecipato a incontri con Valentino Pulvirenti (figlio di Orazio e nipote di Giuseppe, boss della mafia di Belpasso), Leonardo Diesi (originario di Roccamena, arrestato per mafia ma assolto) e Salvatore Montalto (originario di Adrano, con precedenti per mafia, rapine, traffico di stupefacenti e armi).

Non è tutto perché c’è una pista che porta dritto a Palermo. Per la precisione in un bar di San Lorenzo riconducibile in qualche modo, secondo l’accusa, ai Biondino, potenti boss del mandamento mafioso. Ed è nel locale che sarebbero stati monitorati degli incontri. Al centro delle trattative l’inquietante acquisto di armi ed esplosivo.

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