PALERMO – La quinta sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Claudia Turco, col giudice Filippo Marasà, hanno accolto i ricorsi presentati da risparmiatori e imprese siciliane per essere risarciti per le azioni acquistate della banca popolare di Vicenza vendute da Banca Nuova.
I ricorrenti sono stati assistiti dagli avvocati Alessandro Palmigiano ed Elisabetta Violante, dello studio legale Palmigiano e Associati, che hanno raggruppato le cause in una sorta di “class action” proprio per scongiurare rinunce e assistere anche chi rischiava di affrontare spese eccessive rispetto all’investimento andato in fumo.
Era il 2013 quando migliaia di risparmiatori siciliani vennero incoraggiati dagli allora funzionari di Banca Nuova ad acquistare azioni della Popolare di Vicenza. Poco dopo, però, la Capofila del Gruppo fu messa in liquidazione, con danni enormi per i clienti che avevano acquistato i prodotti dell’istituto di credito e persero tutti gli investimenti. Con due sentenze la quinta sezione del tribunale di Palermo ha condannato Intesa San Paolo a risarcire dodici risparmiatori siciliani un importo complessivo di oltre 260 mila euro.
“Queste sentenze – ha dichiarato Alessandro Palmigiano – managing partner dello studio – rendono giustizia ai clienti coinvolti e sanciscono che l’allora Banca Nuova ha venduto le azioni della Capogruppo con una serie di pratiche che il Tribunale ha ritenuto illecite, stabilendo che i risparmiatori hanno diritto al rimborso dell’intero investimento”.
È emerso inoltre che, o per scarsa conoscenza o intenzionalmente, i funzionari di Banca Nuova proponevano ai risparmiatori (in alcuni casi quasi le imponevano a coloro che volevano ottenere dei mutui) l’acquisto di queste azioni senza chiarire la rischiosità e il possibile fallimento della Capo Gruppo, come poi accaduto. Anzi, come è risultato dalle indagini, talvolta mostravano dei grafici con il valore del titolo, evidenziando l’assoluta solidità della Banca Popolare di Vicenza e le prospettive di crescita. In un primo tempo numerosi clienti, considerato l’esiguo valore dell’investimento – molti infatti avevano aderito alla quota minima di 100 azioni per una somma di 6.250 euro – avevano pensato di rinunciare, ma si sono impostate le azioni legali come una sorta di class action, raggruppando più risparmiatori in un’unica causa e abbattendo così i costi. Del resto, le questioni giuridiche erano per tutti sostanzialmente simili e il Tribunale ha accettato di unificare le cause, cosa che si è rivelata molto utile per i risparmiatori.