CATANIA. Un processo in corso, che vede tre medici alla sbarra con l’accusa di omicidio colposo. E un secondo che si è chiuso, in primo grado, con l’assoluzione. Ma la famiglia ha fatto ricorso. È ancora un delicato caso giudiziario la vicenda della scomparsa del piccolo Luigi Messina. Il bimbo morì a soli 10 giorni, nel 2016, a Catania.
La causa del decesso, secondo l’imputazione formulata dalla Procura etnea, sarebbe un “distress respiratorio su quadro di polmonite”. Un distress “a carico del polmone di destra e in contesto di danno alveolare diffuso bilaterale”.
La morte
Luigi morì nel giugno di sette anni fa e il processo di primo grado è ancora in corso. Secondo quanto ricostruito dall’accusa, la morte del piccolo sarebbe avvenuta per negligenze, imprudenze e imperizie dei medici. Gli imputati sono un cardiologo e due chirurghi. Papà Giuseppe e mamma Norina non hanno mai smesso di lottare. Sono parte civile al processo a carico dei medici, assistiti dagli avvocati Antonio Cozza e Giuseppe Ferraro. Il processo, tuttora in corso, riprenderà a novembre.
I periti
Fu nel corso delle indagini sulla morte di Luigi che emerse il caso che non ti aspetti. Tre periti finirono alla sbarra con l’accusa di falso ideologico in relazione alle consulenze per la morte del bambino. L’accusa, particolarmente grave per dei periti, fu per l’appunto quella: essere giunti a conclusioni che furono definite dalla Procura “del tutto eccentriche e incongrue”.
L’assoluzione e il ricorso
Ma i tre sono stati assolti dal Gup col rito abbreviato. E questo al termine di un’istruttoria particolarmente complessa, nonostante il rito. Il giudice ha prima respinto una richiesta di perizia e poi l’ha disposta autonomamente. Questo dopo l’esame degli imputati. L’assoluzione non è stata impugnata dalla Procura, nonostante in udienza il pm avesse chiesto la condanna. A ricorrere è solo la famiglia Messina, e solo, dunque, ai fini civilistici.
Le ragioni della famiglia
La difesa, in particolare, contesta la scelta del giudice di valorizzare al massimo la superperizia. Perizia che di fatto escludeva che i consulenti avessero avuto a disposizione tutti gli elementi per giungere a delle conclusioni. Per i periti, in pratica, i tre consulenti del Pm avrebbero avuto a disposizione solo una relazione istologica “parziale e superficiale”. Una consulenza che aveva analizzato pochi reperti e non aveva rilevato la gran parte degli elementi di valutazione che invece erano in loro possesso.
Questo nonostante l’anatomopatologo avesse inviato una dichiarazione alla Procura di Catania, sostenendo che non era vero e che i consulenti sarebbero stati informati della reale condizione di Luigino.
L’avvocato Cozza
Ma le sue dichiarazioni non sono state acquisite. Ed è questo a spingere la difesa di parte civile al ricorso. “Ovviamente dispiace che la Procura e la Pg non abbiano ritenuto di fare ricorso – afferma l’avvocato Cozza –. È una decisione che lascia l’amaro in bocca. Ma per quanto ci riguarda la famiglia non ha intenzione di fermarsi”.