Business e web: ma cosa compriamo, quando compriamo online?

Business e web: ma cosa compriamo, quando compriamo online?

Viaggio nelle nostre spese e in quello che ci manca

It’s not personal, Sonny. It’s strictly business”. Scegliendo, sinistramente lucido, di operare un epocale cambiamento di vita, Michael Corleone, ne Il Padrino, pronuncia una delle frasi più iconiche della storia del cinema. Oggi, in un mondo nel quale cinque miliardi di utenti di social network conferiscono inconsapevolmente trilioni di dati, tutto è personale. Non cambia il fatto, però, che sia un enorme business.

Il grande mercato

È intuitivo che gli operatori finanziari non possano ignorare un fenomeno globale che permette di raggiungere il 61,4% della popolazione terrestre, ovvero di potenziali clienti, offrendo vantaggi di portata insondabile. Conoscere gli orientamenti del pubblico senza affannarsi troppo a reperire informazioni, ormai preconfezionate e servite, è un gran bel regalo per gli addetti al marketing. Secondo il Digital 2023 October Global Statshot Report, l’opportunità di scoprire nuove strade riguardo ai mercati, anche per il 2024, viene accelerata dalla crescita delle metriche digitali chiave. Ma cos’è la “metrica digitale”? Cerchiamo di orientarci nella complessità dei nuovi acronimi. Anzitutto, gli esperti, per decidere la strategia da intraprendere, usano una reportistica sia quantitativa che qualitativa riguardo al digital marketing, il cui pregio, rispetto al marketing tradizionale, è appunto la “misurabilità”. In realtà, gli investimenti di digital marketing permettono un calcolo dei risultati molto più preciso rispetto agli investimenti operati nel marketing tradizionale.

Metriche per valutare le azioni di marketing sono il ROI (Ritorno dell’Investimento), il CAC (Costo di Acquisizione del Contatto), il CTR (Click-Through Rate), che conteggia la percentuale di click su un link o su una CTA (Call to Action), che è un pulsante, un banner, o un link collegato ad una landing page, letteralmente “pagina di atterraggio”, appositamente realizzata con l’obiettivo di convertire i visitatori del sito in clienti.

Come si misura il marketing

Il Click-Through Rate è fondamentale in quanto misura l’efficacia di una campagna pubblicitaria on-line. Va da sé che le aziende sperano che sia il più alto possibile. Il Conversion Rate (CR) calcola la percentuale di utenti che ha compiuto l’azione desiderata (come l’acquisto prodotto da e-commerce, il download di un e-book o la compilazione di un form) sul totale che ha visualizzato la pagina. Come per il CTR, più aumenta più la strategia è vincente. Altri tassi importanti sono Open Rate e Bounce Rate; il primo tiene conto di quanti hanno aperto una mail sul totale degli utenti che l’ha ricevuta, mentre il Bounce Rate è il tasso di rimbalzo, poiché misura il numero di utenti che abbandona un sito o una pagina entro pochi secondi, senza compiere azioni.

Anche le metriche di Social Media marketing hanno i propri parametri di misurazione. Ma non lasciamoci fuorviare in modo superficiale da milioni di follower e migliaia di like. Difatti le Vanity Metrics, indicatori numerici sul numero di like, commenti e condivisioni ottenuti da un post, pur se nei fatti nutrono l’ego degli influencers (categoria che merita, sic stantibus rebus, un approfondimento), da sole non bastano a capire l’andamento di una pagina aziendale. Per avere una panoramica completa occorrono dati specifici, come il citato Click-Through Rate, che fornisce risposte sulla percentuale di utenti che visualizza un contenuto, o il Referral, uno dei “canali” predefiniti di Google Analytics, in cui si inseriscono i dati dei social che permettono di identificare la provenienza degli utenti e di misurare l’efficacia di un profilo analizzando il traffico da e verso il social di riferimento. Per le aziende le metriche giuste, più che le Vanity, sono il numero di commenti, le visite al sito, le landing pages e la compilazione di form.

Gli aggiornamenti confermano un nuovo enorme traguardo per Facebook e balzi in avanti per Instagram, Telegram, Pinterest e Quora, e che l’eCommerce conquista sempre nuovi consumatori, i comportamenti dei quali si ripetono per tutte le fasce di età.

Cosa compriamo in rete

Le categorie di beni più comprati online riguardano abbigliamento e accessori (55%), salute e bellezza (39%), cibo e bevande (35%), generi alimentari (29%). Il 55% degli italiani acquista online una volta a settimana: la spesa media è di 252 euro al mese. Sono i punti salienti emersi da un report sponsorizzato dal colosso PayPal, utilizzato da 250 milioni di utenti nel mondo in oltre 200 mercati, che in Italia conta dieci milioni di account attivi, offrendo un servizio che permette di effettuare e accettare pagamenti online senza dover inserire ogni volta i propri dati finanziari.

L’indagine, condotta da ACA Research, studia l’evoluzione del rapporto tra i consumatori italiani e il commercio elettronico. Emerge una crescente familiarità con il web da parte dei senior, grazie all’esperienza pandemica che ha indotto a scavalcare barriere culturali, mentre Millennials e Gen Z effettuano, rispettivamente per il 68% e il 65%, un acquisto in rete a settimana. Il 77% dei consumatori compra o paga online dal proprio dispositivo; il 41% utilizza piattaforme social; il 19% cerca sui social prodotti o servizi e il 22% li acquista dopo averli visti su social media o piattaforme di streaming. Il Social Commerce rappresenta dunque la nuova “corsa all’oro” per le aziende. Come profeticamente scriveva Erich Fromm negli anni Novanta, “tutto è diventato business”. A fronte di un potenziale apparentemente inesauribile, tocca alle imprese “convertitesi” alle vendite online la soddisfazione dei clienti.

Infinitamente piccoli…

E qui si impone una riflessione. Privi della passeggiata per divagarsi, del contatto umano tra cliente e venditore, della contrattazione amichevole; privi di maneggiare il denaro, privi di assistere all’incartamento di un regalo, privi di provare un paio di scarpe passeggiando su e giù per il negozio guardandosi perplessi allo specchio, i consumatori (un tempo “noi umani”) scelgono davvero ciò che comprano? Godono davvero del piacere confortevole che dovrebbe dare un acquisto, specie se non necessario?

“La connettività costante è radicalmente immersiva”, afferma il sociologo Derrick de Kerckhove. Dal brodo primordiale ci ritroviamo, con un volo di milioni di anni, immersi in un fluido habitat virtuale – senza sentircene parte rispetto al nostro spazio, al nostro tempo, al nostro elemento corporeo – nel quale si riversano fiumi di informazioni e dati che ci rendono sempre più esposti, sempre meno indipendenti, infinitamente piccoli.


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