PALERMO – Una delle casseforti di Matteo Messina Denaro era a casa della sorella Rosalia. Durante le perquisizioni, subito dopo l’arresto del latitante, i carabinieri del Ros trovarono 130 mila euro in contanti. Sono gli interessi economici che bisogna scoperchiare. E per farlo la Direzione distrettuale antimafia continua a decifrare i pizzini del padrino. Ci sono altri luoghi segreti da scoprire.
Nome in codice “Fragolone”
La sorella Rosalia, nome in codice Fragolone, è stata condannata in primo grado a 14 anni di carcere. Al processo di appello in corsoè stato depositato il video. In un armadio della casa di di famiglia, a Castelvetrano, la stessa dove dentro la gamba della sedia è stato trovato l’appunto con il diario clinico di Messina Denaro che ha portato alla sua cattura, era stato ricavato un doppiofondo.
I soldi di Messina Denaro
All’interno di due cassetti c’erano delle mazzette di soldi. E poi biste bianche e gialle su cui il latitante aveva annotato qualcosa scritta di suo pugno. Nella motivazione della condanna di primo grado Rosalia Messina Denaro è stata definita una “‘donna di mafia’ non solo e non tanto perché nata, cresciuta e vissuta in una famiglia mafiosa, ma perché con adesione consapevole e indiscussa alle regole del sodalizio ha svolto con continuità e avvedutezza, per un lungo periodo, un importante ruolo all’interno dell’organizzazione”.
Il ruolo della sorella
Una collaboratrice di assoluta fiducia del latitante che avrebbe svolto “una serie importate di operazioni economiche, in entrata e in uscita, corredate da sigle, indicazioni, minuziose rendicontazioni finanziarie che appaiono incompatibili con un’attività di rendicontazione di importi legittimante acquisiti e utilizzati per far fronte a spese personali e familiari in senso stretto”.
È lei che annotava tutte le spese appuntandole in dei pizzini. I soldi e le protezioni: sono due i filoni caldi delle indagini. Il capomafia è morto, ma il lavoro non è finito. Finora sono cadute le pedine della ristretta cerchia di fiancheggiatori. Autisti, vivandieri, medici, amanti: c’è gente che lo ha aiutato nella faccende quotidiane, a nascondersi (ad onore del vero senza particolari patemi, almeno nell’ultima fase, a giudicare dalle sue abitudini), a continuare a gestire soldi e potere. In alcuni casi hanno mostrato un attaccamento al padrino che supera ogni logica.
Di soldi il boss stragista ne aveva a disposizione parecchi. Si poteva permettere di spendere migliaia di euro al mese. Finora la Procura di Palermo e i carabinieri del Ros hanno sequestrato 800 mila euro fra soldi i contanti e gioielli ai familiari del padrino. Da dove arrivavano i soldi?
Tra i pizzini in mano agli investigatori, ad esempio, c’è quello in cui si fa riferimento a “parmigiano”. Un imprenditore e finanziatore occulto a cui la sorella Rosalia doveva chiedere 40 mila euro? Quanti “parmigiano” ci sono da scoprire?