CALTANISSETTA – “Ritenevo che quella battaglia sulla legalità, portata avanti da alcuni imprenditori, fosse priva di concretezza”. Lo ha detto l’ex sindaco di Caltanissetta, Michele Campisi, deponendo nel corso dell’udienza di oggi del processo sul ‘Sistema Montante’, che si celebra nell’aula bunker del carcere Malaspina nei confronti di 30 imputati. L’ex esponente politico, che è stato sindaco dal 2009 al 2014, sentito come teste, ha sottolineato che prese parte all’inaugurazione di cinque anni giudiziari e che per “i magistrati bisognava seguire l’esempio di quel gruppo di imprenditori composto da Antonello Montante, Marco Venturi e Massimo Romano”.
“Per la ricandidatura avrei dovuto parlare con Montante”
Campisi ha sostenuto che conosceva quel gruppo di imprenditori e rispondendo alle domande dell’avvocato Giuseppe Panepinto, legale di Montante ha affermato “di aver avuto con loro solo rapporti di natura istituzionale”. Poi ha aggiunto di aver portato avanti la sua “azione amministrativa in solitudine. Non mi ricandidai anche se per una mia eventuale ricandidatura mi consigliavano di parlare con Montante”.
“Gli attacchi per l’associazione antiracket”
E tra i ricordi uno in particolare. “Fu costituita l’associazione antiracket Livatino, alla quale aderirono una ventina di imprenditori – ha raccontato -. Annunciai anche che il Comune si sarebbe costituito parte civile in tutti i processi di mafia. Era il 2009. Da quel momento trascorsi due mesi di inferno. Nel corso di una riunione convocata in prefettura – ha aggiunto Campisi – mi venne riferito che a Caltanissetta l’associazione non doveva nascere perché ne esistevano una a Gela e un’altra nel capoluogo che contava un solo associato. Mi venne contestato il fatto che quella, semmai, doveva essere un’iniziativa degli imprenditori. In altre occasioni subii anche attacchi di natura politica”.