CATANIA – Tanto tuonò che piovve. Dopo i tira e molla, le accuse, velate o meno, tra i consiglieri di maggioranza e, da ultimo, l’abbandono del gruppo Sicilia democratica da parte del consigliere Giuseppe Catalano – che ha fatto ritorno ad Articolo 4 – la tensione dell’aula è deflagrata nella richiesta di dimissioni di Sebastiano Arcidiacono da vicepresidente del Consiglio. I rumors dei giorni scorsi sono, dunque, confermati.
Anche se, la richiesta è stata ufficializzata solo dopo il “salvataggio” del gruppo Sicilia democratica (che era rimasto con due soli esponenti quindi, da regolamento, non poteva rimanere gruppo) da parte dell’opposizione, che ha prestato uno dei suoi componenti, Salvo Giuffrida, ai colleghi di Sd, per consentire alla compagine che fa riferimento a Lino Leanza, di rimanere in vita.
Una sorta di bon ton istituzionale, da parte della minoranza, forse per evitare che quanto sta succedendo all’interno del Consiglio, possa apparire come una sorta di sciacallaggio nei confronti di una formazione il cui leader è da tempo ricoverato in ospedale. Una “cortesia”, mal digerita dai capigruppo di maggioranza che hanno ufficializzato la richiesta di dimissioni del vicepresidente – con tanto di accuse al consigliere dissidente.
A firmarla sono tutti i capigruppo di maggioranza, eccetto ovviamente Nicotra, di Sicilia Democratica, e Carmelo Coppolino, di Catania Futura, che pur appoggiando l’amministrazione esternamente, pare non ne sapesse nulla. Gli altri, ci sono tutti: Daniele Bottino per il Megafono, Giovanni D’Avola per il Pd, Alessandro Porto per Con Bianco per Catania e Nuccio Lombardo, per Articolo 4.
“Con il sostegno tecnico di un consigliere di minoranza si è sancito un fatto importante sulla collocazione del gruppo Sicilia Democratica – scrivono i consiglieri, che definiscono “strumentale l’assenza di dialogo e di apporto sui temi più strategici per il bene della città. E avevamo notato un evidente percorso lontano dagli impegni che gli elettori hanno consegnato ai Consiglieri di SD – continuano ancora – sul programma della città e sulla maggioranza che sostiene l’amministrazione. Auspichiamo che non tutti gli esponenti di Sd vogliamo volgersi verso l’opposizione e che le velleità di alcuni non interrompano un percorso serio e coerente.
Di certo il vicepresidente del consiglio Arcidiacono non può più candidarsi a timoniere della “coerenza” – affermano i Capigruppo Bottino, D’Avola, Lombardo, Porto -, così come ha impropriamente tentato di richiamare i suoi colleghi consiglieri, considerato che si è rivolto alle forze di minoranza per mantenere il gruppo, con i metodi di una becera e per fortuna tramontata politica che non accettava mai le sconfitte. La stessa che le prova tutte per mantenersi un titolo che magari gli consente il privilegio di una stanza e di una segretaria e di un titolo incoerente con la politica di coloro che lo hanno votato”.
Più che un attacco. E il sospetto che non sia stato solo il passaggio di Giuffrida a motivare i capigruppo, quanto piuttosto le aspre critiche lanciate da Arcidiacono, ad esempio, sull’affaire Teatro Stabile, rimane. In ogni caso, la vicenda è emblematica, e lascia trasparire un certo nervosismo all’interno di quella maggioranza “bulgara” solo nei numeri, ma che sta manifestando crepe, alcune delle quali evidenti.
Come andrà a finire, per quanto riguarda Arcidiacono, è presto per dirlo. Perché ad esprimersi dovrà essere l’intera aula, gli stessi consiglieri che lo hanno eletto vicepresidente, 31 su 45.