CATANIA – “Non ci ascolta nessuno”. Il grande paradosso di quest’ affermazione è che a farla sono sia i migranti che coloro i quali oggi fronteggiano per la seconda volta in due giorni la rivolta degli ospiti del C.A.R.A.
Tutto è iniziato ieri mattina con il blocco della 417 Catania Gela e della SS 385. Stesso copione stamani con il traffico di tre province messo a dura prova, con visite mediche anche urgenti saltate e con voli persi e merci che sotto le festività natalizie non arrivano ai già martoriati negozi delle tre province. C’è stato pure chi dall’aeroporto di Catania ha noleggiato un pullman privato dopo aver atteso invano l’arrivo di quelli di linea per raggiungere le città d’origine.
Il rischio è la guerriglia fra migranti e cittadini per altro quasi sfiorata ieri a Palagonia quando un corteo composto da oltre 500 migranti voleva raggiungere a tutti i costi il centro della città nella quale nel frattempo si era sparsa la voce di un saccheggio ad un supermercato che aveva stimolato cittadini e negozianti ad organizzarsi contro ogni evenienza. Una bomba ad orologeria che può esplodere in qualsiasi momento. Assente la politica regionale e nazionale che oltre i comunicati stampa pare non voglia mettere il dito nell’acqua. Gli uomini che dovrebbero fronteggiare situazioni come questa sono in numero esiguo e i manifestanti sono consapevoli di questo, tanto da alzare il tiro della protesta che invece che rientrare perdura da due giorni e potrebbe condizionare il territorio a tempo indeterminato.
A Palagonia ieri ad esempio a fronteggiare oltre 500 manifestanti solo una decina di uomini in tenuta antisommossa. Anche oggi quel lembo di terra a ridosso di Mineo non è terra italiana. Il C.A.R.A. sembra essere divenuto terra di nessuno. Lo sembra se si pensa alle promesse che gli ospiti sarebbero stati al massimo 2000 mentre oggi si attestano ad oltre 4000, lo sembra da quando la sicurezza interna non riesce a garantire un’equilibrata convivenza fra le diverse etnie.
Dall’apertura del C.A.R.A. infatti, non si contano le risse e i feriti trasferiti nei vari ospedali del territorio. A questo si sta aggiungendo il senso di abbandono che si registra fra le forze dell’ordine che a denti stretti lamentano lo stato in cui sono costretti a lavorare e l’assenza di decisioni degli organi preposti per risolvere definitivamente questa escalation di violenza. Due interviste a confronto entrambe iniziano con “Non ci ascolta nessuno”.
Lamin ha 22 anni, ha dichiarato di essere eritreo, ha l’atteggiamento spavaldo tipico di quell’età e vuole “i documenti” per andare in Germania. Da 4 mesi è ospite del C.A.R.A. Non ci racconta molto della sua vita prima di venire in Italia ma una vistosa cicatrice al braccio che in più di un’occasione ci mostra ci fa intuire che da qualsiasi paese arrivi, le condizioni in cui viveva lo hanno costretto a partire. Da copione organizzato però oltre ai documenti lamenta subito il fatto che il cibo non è buono e che a lui la pasta non piace.
Alla nostra richiesta di precisare se è tutto il cibo a non essere buono, lui risponde però guardando i compagni di rivolta che “non vuole più la pasta”. Come se in Italia fosse minimamente possibile immaginare almeno un pasto senza la pasta. Ma sembra che fra loro abbiano deciso cosa lamentare e cosa no.
Dall’altra parte un poliziotto di origini campane che non andrà a Natale a casa per le feste perché di servizio al C.A.R.A. Quest’ultimo, intento ad ascoltare la radio, se la prende con i politici. “Fanno finta che qui non succeda niente. Come se non fossimo in Italia. A loro basta dire che ci sono i poliziotti e i carabinieri e pensano che tutto sia sotto controllo e che non serve null’altro. Siamo alle comiche, non ho visto in questo periodo alcun aumento di organico, né fra noi che dovremmo provvedere all’ordine pubblico né fra coloro i quali dovrebbero esitare i documenti celermente. Neppure i telegiornali nazionali sembrano interessarsi a quello che accade qui. Dialogare è pressoché impossibile e riuscire a far rientrare i disordini pure. Fronteggiare l’equivalente della popolazione di una piccola città che manifesta è impensabile. Cosa aspettano che ci scappi il morto fra i nostri o fra i manifestanti per prendere provvedimenti? Oppure aspettano che la popolazione si esasperi e che finisca a rissa fra le strade?”
A Mineo la città è in subbuglio. Dopo la paura di stamattina, con genitori che sono andati a prendere prima i figli a scuola, con i negozi che hanno chiuso le saracinesche e con i pullman dei turisti impossibilitati a raggiungere il comune, per stasera era stata chiesta da cittadini ed opposizione una convocazione straordinaria del consiglio comunale rinviata a domani pomeriggio alle 17. Mentre i Carabinieri raggiunti telefonicamente ci dicono che il transito è ripreso regolarmente in questi minuti voci non confermate ci raccontano di nuovi raggruppamenti sulla strada per riprendere i blocchi sul bivio di Mineo.