Presidente, Renzi ha le sue colpe |Ma il disastro è a firma Crocetta - Live Sicilia

Presidente, Renzi ha le sue colpe |Ma il disastro è a firma Crocetta

Lettera al presidente della Regione. Con la Sicilia al tracollo, è ora di prendere atto del fallimento di quest'esperienza di governo. E trarne le conseguenze.

L'editoriale
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4 min di lettura

Caro presidente Crocetta,

questa sarà una Pasqua complicata per lei e per la Sicilia. I conti del bilancio ancora non tornano e il tempo stringe. Il rischio è di un buco che potrebbe ammontare a 800 milioni, “costringendo” il suo governo a un quasi smantellamento del sistema economico-politico fondato su Mamma Regione del quale la Sicilia ha campato in questo decenni, anche in nome dell’autonomia.

Lei ha già messo le mani avanti. “La responsabilità se l’assumerà il governo nazionale, i siciliani capirebbero”, ha detto. Colpa di Renzi, insomma, se un accordo last minute con Roma non si troverà. Troppo comodo, presidente.

Siamo chiari: le colpe di Renzi ci sono, e abbondanti. Le colpe di Roma in genere, che negli anni ha progressivamente abbandonato e dimenticato la Sicilia e tutto il Mezzogiorno. Gli indicatori economici parlano chiaro su come il conto della crisi in Italia sia stato pagato dal Sud in misura ben più tragica rispetto al resto del Paese. Da anni lo Stato impone tagli alle periferie che non applica a se stesso e alle sue pachidermiche strutture con altrettanto rigore. Con Renzi, al netto della retorica, la musica non sembra cambiata. Anzi. E le colpe del renzismo non si esauriscono alle scelte di governo. Ma si proiettano anche sulla “politica politicante”, sulle mosse a volte spregiudicate della sua corrente in Sicilia. Quelle pratiche che hanno avuto il vago sapore del consociativismo, con le contese di principio che si mettono all’improvviso da parte in cambio di posti nei gabinetti e nel sottogoverno.

Il disastro della Sicilia ha tanti padri, presidente. Alcuni sono scomparsi ormai dalla scena: sono quelli che sono venuti prima di lei, costruendo con eccessi e clientele le premesse dello sfascio finanziario, imbarcando sulla corazzata Regione un equipaggio sconfinato, elargendo sussidi travestiti da stipendi, in un delirio clientelare che ha trasformato questa terra nell’ultimo baluardo del socialismo reale. Altri stanno ancora lì, abbarbicati al loro dorato scranno. Sono gli inquilini dell’Ars, costosa, purulenta, improduttiva, a volte più dannosa che inutile. Un pantano totale, che invischia tutto, incluse le lobby di vario genere che non sono state in grado di indirizzare la politica verso scelte sensate e si sono per lo più accontentate di difendere orticelli di potere e rendita.

Sì, presidente Crocetta, ci rendiamo conto che sul Titanic-Sicilia ci sono le impronte digitali di tanti. Ma la politica e le Istituzioni devono necessariamente rispondere a un criterio di responsabilità. E oggi il timoniere del Titanic è lei. È lei che siede sulla poltrona più alta, che barcolla su questa montagna di rifiuti, fallimenti e miseria. Era suo compito disinnescare questa bomba atomica. Ha avuto due anni e mezzo per provarci. E ha fallito.

Unfit to lead. Inadatto a guidare la Sicilia. Lo scrivemmo senza ipocrisie due mesi fa. I fatti, ostinati come i numeri del tracollo finanziario della Regione, ci hanno dato tristemente ragione. La sua rivoluzione farlocca e il caos primordiale che ha caratterizzato tutta la sua esperienza di governo hanno aggravato la situazione della Sicilia. Il paziente era grave. Le sue cure lo hanno stroncato.

Ora, presidente, lei cerca comprensibilmente di addossare a Roma l’eventuale conto della tragedia. Ma parliamo di questo rapporto con Roma. E di come sia stato gestito in modo maldestro, incoerente e discontinuo. A Palermo si sbraitava il mattino per poi firmare la rinuncia ai contenziosi nel pomeriggio. In questi due anni si sarebbe dovuta portare avanti una trattativa serrata col governo nazionale. Ma per farlo alla Regione servivano le carte in regola. Una Regione che mettesse mano sul serio a sprechi, privilegi, eccessi assurdi e anacronistici. Servivano le riforme, serviva una visione che si proiettasse verso il futuro, che guardasse a cosa la Sicilia doveva diventare in dieci anni. Con lei a Palazzo d’Orleans invece si è fatto sempre fatica a prevedere cosa potesse accadere da lì a dieci minuti.

Delle riforme sono rimasti solo gli annunci. Il tempo è trascorso in nomine, faide, spartizioni di posti di potere. Lei e il suo cerchio magico fuori dalla realtà, a raccontarvi la favola di una Sicilia che applaudiva alla vostra invisibile rivoluzione, mentre fuori dal Palazzo tutto colava a picco e si sfaldava giorno dopo giorno. Mentre lei e la sua maggioranza giocavate a fare e disfare governi, cambiando trentaquattro assessori e spostando dirigenti come carri armati del risiko.

Serviva il coraggio di scelte impopolari, quelle che adesso sarete “costretti” a imporre, tentando di accollare ad altri la responsabilità del “massacro”. Che forse si sarebbe potuto evitare in queste proporzioni, agendo per tempo, presentandosi al cospetto di Roma forti di fatti e non di promesse, battendo i pugni sul tavolo quando serviva.

Il risultato è il disastro. E piaccia o no, quel disastro la vede primo firmatario. Tanto che le cronache politiche sui giornali raccontano di come nel suo partito (e tra i suoi alleati), quel Pd che “subì” la sua candidatura e che da subito ha sofferto una crisi di rigetto per i suoi governi, in questi giorni si cerchi disperatamente di capire quale possa essere la via d’uscita per evitare altri due anni e mezzo d’agonia.

A questo punto, è forse il momento che anche lei prenda atto di quanto è chiaro a tutti, con buona pace dei cortigiani, e ne tragga le conseguenze. Ponga fine a quest’esperienza ormai esaurita. Sperare in un sussulto di responsabilità di 46 deputati è complicato. Ma alla Sicilia basterebbe il sussulto di uno solo. Il suo, presidente.


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