Non c’è stata nessuna pressione, da parte della Anm di Palermo, per condizionare i giudici loro colleghi distrettuali ad emettere verdetti di colpevolezza nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa, conclusosi in appello con la condanna a sette anni di reclusione, e in quello ancora in corso in secondo grado per calunnia aggravata, entrambe procedimenti a carico del senatore Marcello Dell’Utri. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni della sentenza 38208 da poco depositata, e relativa all’udienza svoltasi lo scorso 20 ottobre nella quale è stata respinta la richiesta di spostare il processo per calunnia ad altra sede per presunte turbative ambientali nel Palazzo di giustizia del capoluogo siciliano.
Nel dichiarare “manifestamente infondata” la richiesta di rimessione del processo per calunnia – nel quale Dell’ Utri, assolto in primo grado, è accusato di aver ordito un complotto ai danni di tre collaboratori di giustizia che lo accusavano nel processo per mafia – la Suprema Corte ha smentito la tesi, sostenuta dai difensori del senatore del Pdl, in base alla quale sarebbe evidente la “posizione preconcetta” che la Corte d’Appello di Palermo nutrirebbe nei suoi confronti. Tra gli elementi a suffragio dell’esistenza del condizionamento ambientale, gli avvocati di Dell’Utri hanno citato il documento con il quale l’Anm di Palermo, lo scorso 23 giugno, aveva votato – con quattro voti a tre – un documento di solidarietà ai giudici che stavano per emettere il verdetto sul concorso esterno, presieduti da Claudio Dell’Acqua, e che alcuni media avevano descritto come inclini ad assolvere il senatore. Secondo i legali di Dell’Utri – avvocati Giuseppe Di Peri e Pietro Federico – il documento dell’Anm sarebbe una prova dell’esistenza di pressioni sui processi all’ex manager di Publitalia, e del clima di ostilità verso il senatore testimoniato proprio dal fatto che la solidarietà non era stata unanime ma votata solo da quattro componenti la giunta locale delle toghe. In proposito la Cassazione – per mano del consigliere Piercamillo Davigo – scrive che “in ogni caso una eventuale iniziativa del gruppo associativo della magistratura rimane, comunque, una iniziativa esterna al ‘corpus’ dell’ufficio giudiziario locale, anche in considerazione del fatto che mancano gli elementi per affermare una compatta adesione all’iniziativa”. “Ne consegue che – prosegue la sentenza estesa da Davigo – nessun rilievo può attribuirsi al fatto che la Giunta distrettuale dell’Anm non abbia votato all’unanimità un documento di solidarietà ai componenti il Collegio giudicante di altra sezione”. “Del resto – aggiunge – sono del tutto generici i riferimenti alle pressioni su tali magistrati, mancando sia la specificazione dei fatti, sia il riferimento alla loro origine in un contesto locale”. Per la Cassazione, infine, “non sono idonee a dimostrare l’esistenza di un condizionamento di tutti i magistrati dell’Ufficio giudiziario” nè la vicenda del presidente Scaduti (che ha deciso di astenersi dal processo per calunnia dopo la sua controversa nomina alla Commissione antimafia), nè i relativi articoli che ne hanno dato conto, nè il ‘no’ ad acquisire ulteriori intercettazioni.