Frittata fatta al 25’ del secondo tempo.
Da quel gancio il Catania non si rialzava più. Un uppercut che stordiva definitivamente i già lenti ed incerti rossazzurri, ammollati un una mancanza di gioco ed idee pressoché totali, vivacizzati da alcuni sprazzi e speranzosi in qualche sponda o di un colpo di testa di un Plasmati entrato nella ripresa e rimasto avulso dalle trame che il volenteroso Biagianti ed il puntiglioso Potenza imbastivano per recapitare sul suo metro e novanta palloni da spingere verso in rete col capoccione.
Al momento del secondo e definitivo vantaggio, il Chievo era apparso più squadra del catania, meglio piazzato sul terreno e soprattutto con trame diagonali che tagliavano il campo e gli sbalorditi etnei, con soluzioni varie ed interessanti proposte dallo stesso Marcolini, o da Bentivoglio. Un ringhioso Pellissier terrorizzava la difesa catanese scagliandosi su ogni pallone come se fosse da difendere l’ultimo avamposto del Piave mormorò, che da Verona tanto non dista.
Irritante Catania che puntava sui passeggini nel primo tempo, triangolino quasi mai riusciti, e sui lanci lunghi nel secondo. Una metamorfosi che nulla di buono produceva. Gli statistici conteranno quanti veri tiri in porta ha scagliato la squadra di casa. Io ne ricordo uno-solo-uno scaraventato da fuori area al 33’ s.t. da Llama Ezequiel, argentino di chiara provenienza andina sennò che lama sarebbe; un esterno sinistro estemporaneo perché nessuno dei suoi si smarcava.
Superiori anche nella quantità e qualità dei tiri in porta i chievini, passati in vantaggio durante un corner maramaldo al ’31 p.t., studiato nei minimi particolari, con Luciano che ostruisce la vista ad Andujar e Mantovani Andrea che stupisce la mal piazzata difesa di casa. Non solo, ma quattro minuti dopo l’incerto spolli Nicolas spalleggia il terribile Pellissier ed è rigore che manco nessuno protesta. Dal dischetto Bentivoglio scheggia il palo e dal pericolo scampato il giocatore Ricchiuti Adrian, che sembra uscito da un filmato in bianco e nero anni sessanta, o da un torneo scapoli-ammogliati dove c’è quello che finta con le spalle e caracolla intorno alla sfera, s’infila nella difesa chievina dribblando il dribblabile finchè lo sgambettano ed i penalty son pari ma Mascara il suo lo insacca col brivido chè quasi Sorrentino glielo devia.
Uno a uno e i dodicimila del Cibali- Massimino (diecimila abbonati, ben 1.876 biglietti venduti, e trecento imboscati nella tribuna d’onore) quasi quasi ci credono, nel sorpasso.
Ed invece, il secondo tempo è peggio del primo, per i colori etnei: errori a ripetizione, incertezza sovrana nell’impostazione dell’attacco, improvvisazione. Che hanno, si sono imbambolati ? Sbaglia perfino Mascara un tacco od un piatto facile facile per chiudere un triangolo con Morimoto lanciato a meta. Uno dei tanti esempi. Oppure una quantità notevole di cross dal fondo andati a vuoto per mancanza di attaccanti adatti ad acchiapparli.. A chi crossi se non c’è l’attaccante a cui crossare ? Non solo, ma quando entra il Plasmati, smetti di crossare dal fondo e punti sul triangolo.
La Squadra senza Personalità così precipita sempre più negli inferi della classifica. Al termine, fischi dei dodicimila e un coro sul ritmo di Guantanamena: “Vattene a casa, Atzori vattene a casa !”.
E se fosse questa la prima mossa obbligata per il preoccupatissimo presidente Antonino Pulvirenti ?