Gentile onesto automobilista palermitano incolonnato,
Sono passato da via Crispi per consegnarle personalmente la mia risposta alla sua cordiale missiva ma lei non c’era più. Purtroppo dovrò rispondere usando un tramite che certamente, attraverso il titolo, la foto e la collocazione in pagina, potrebbe stravolgere il senso della mia risposta. Correrò questo rischio… e anche quello di dover leggere una nuova lettera di qualche altro onesto automobilista incolonnato che, giustamente, pretenderà una risposta.
Sono certo che lei non si sia ancora accorto di essere uscito dall’incolonnamento di via Crispi: infatti la realtà è una cosa desueta; un vecchio arnese della letteratura ottocentesca; un retaggio del passato ormai superato dalla mistificazione, alimentata dai social network ed amplificata da qualche narratore di verità pre-confezionate che racconta il mondo non mettendo il naso fuori da casa.
Tanto tempo fa esisteva il giornalismo che non si accontentava di sparare sul mucchio, scaricare responsabilità o trovare capri espiatori da buttare in pasto al lettore, magari godendo per un paio di retweet ed eccitarsi per qualche condivisione su Facebook. Qualche tempo fa esisteva l’inchiesta, l’analisi, l’approfondimento e la notizia. Oggi purtroppo ci dobbiamo accontentare di semplificazioni giornalistiche, figlie del nostro tempo in cui la notizia dura il tempo di un click. La nostra è una città che si è sviluppata ipertroficamente attraverso forme di sistematica accumulazione individuale: la speculazione edilizia e la mobilità privata. È la storia di Palermo.
Stiamo vivendo un’epoca in cui si sta innescando una grande trasformazione urbana che mira ad invertire la tendenza. Palermo è una città che ha costruito sul traffico leggende millenarie. Mentre in altre città del mondo si investivano risorse pubbliche e private sulle infrastrutture e sul sistema di mobilità di massa, a Palermo si abbattevano, senza proteste, le ville liberty in via Libertà e gli alberi della Conca d’oro per costruire mostruosi palazzi che, sottraendo spazi pubblici, hanno arricchito la nuova borghesia predona. Tutto questo non appartiene, per ragioni anagrafiche, alla mia storia né alla storia e alle scelte della mia parte politica.
Mai come oggi, nella storia di Palermo, si è fatto un investimento così massiccio che guarda al futuro della mobilità sostenibile, evitando di limitare l’azione di governo alla gestione dell’esistente. Oggi il Tram di Palermo funziona ma è difficile trovare qualche giornalista che racconti come è cambiata la vita dei cittadini di Brancacccio, del CEP, di Borgo Nuovo, mentre abbiamo collezionato chilometri di parole per raccontare il traffico causato dai cantieri.
Allo stesso modo, oggi, è difficile leggere una seria analisi su come cambierà la città quando saranno completate le opere del passante metropolitano e dell’anello ferroviario, oppure cosa significherà l’ampliamento del sistema tram per la vita dei palermitani.
È molto più facile, per giornalisti a caccia di lettori, chiedere le dimissioni dell’assessore al traffico (sic!) per le automobili in doppia fila, per l’occupazione abusiva di suolo pubblico, per le multe causate da eccessi di velocità o addirittura per l’istituzione di un cordolo di protezione della corsia preferenziale degli autobus. Oppure perché si è rimasti incolonnati in mezzo al traffico a causa dei cantieri in città. Potevamo scegliere di perdere le riscorse pubbliche destinate alle nuove infrastrutture urbane; milioni di euro stanziati decine di anni fa e rimasti a stagnare per inefficienza dei precedenti amministratori. Ed invece abbiamo deciso di acciuffare per i capelli i finanziamenti e investire su una nuova visione di città. Non c’era tempo per calendarizzare le inefficienza del passato, bisognava scegliere: perdere le risorse o far partire i cantieri.
Ma questa è una storia noiosa, non adatta alla speed press: un giornalista assetato di like non può perdere tempo a scrivere queste notizie. Oltre agli investimenti infrastrutturali, c’è solo un modo per mitigare il traffico urbano: diminuire il numero di veicoli circolanti, offrendo alternative al trasporto privato. Questi sono gli sforzi che stiamo facendo, comprando nuovi autobus, dopo anni di abbandono in cui si stava cercando di privatizzare il trasporto pubblico; investendo sui modelli di condivisione del veicolo; ampliando gli spazi per la mobilità dolce e per quella pedonale; istituendo zone a traffico limitato. Niente di particolarmente rivoluzionario: sono scelte che in altre città del mondo si fanno, con risultati positivi, da oltre trent’anni. Tutto questo in una città dove i livelli di inquinamento hanno già raggiunto e superato la soglia della sopportabilità.
Capisco che sia difficile spiegare questo soprattutto perché il giornalista non ha l’ansia di raccontare la verità ma ha soprattutto il terrore che nessuno abbia voglia di leggere i suoi scritti. Per superare questo complesso non può far altro che “spararla grossa”.
Raccontare la realtà è troppo difficile.
È difficile raccontare che le radici in viale Regione siciliana rischiano di causare incidenti mortali. È difficile spiegare che ridurre il limite di velocità diminuisce il rischio. È difficile spiegare che, quando cominciano i lavori per rimuovere le radici, si può aumentare nuovamente il limite di velocità perché il posizionamento del cantiere impedisce il transito sulla zona pericolosa. È difficilissimo spiegare che non c’è stato alcun aumento delle multe su viale Regione siciliana, mentre in questi ultimi quattro anni, aumentando i controlli, si è ridotto il numero di incidenti mortali. È difficile raccontare che il traffico in via Crispi sia stato determinato soprattutto dall’inasprimento dei controlli di sicurezza ai varchi del porto, dovuto all’innalzamento del livello di “allarme terrorismo”.
Molto più facile, leggendo l’analisi sommaria di qualche raffinato analista, che la colpa sia dell’assessore al traffico di Palermo perfino delle lunghissime file al porto di Napoli e di Genova. È molto più facile agitare slogan senza senso che mirano a semplificare e a delegittimare gli amministratori pubblici, soprattutto quando si avvia la fase elettorale.
Lei lo sa che il Comune ha l’obbligo di istituire gli ausiliari del traffico di Apcoa a causa di una clausola nel contratto siglato (non da me né dall’attuale sindaco!) dagli stessi personaggi che hanno concesso per novanta anni (caso unico in Italia) ad una azienda privata l’uso del parcheggio sotto il Tribunale? Immagino che non lo sappia, anche perché la storia ingarbugliata di questa opera, per tanto tempo, è rimasta segreta. È ancora comprensibile che sia l’uomo della strada a lamentarsi per una multa, magari ritenuta ingiusta, (vogliono fare cassa mettendo le mani nelle mie tasche!) ma è incomprensibile che tale semplificazione venga fatta da intellettuali colti e raffinati che, malgrado leggano le poesie di Ceronetti e i saggi di Sloterdijk, non sono in grado di capire che i Comuni non sono enti privati che devono accumulare denaro (fare cassa!) ma devono spendere tutti i soldi per migliorare i servizi. Ma questo è un concetto troppo difficile e noioso per chi deve semplicemente limitarsi a “spararla grossa”.
Cordialmente. L’assessore alla mobilità del Comune di Palermo.